
Marco Lamperti, assessore all’Urbanistica, punta sull’edilizia sociale per frenare il caro immobile
La continua domanda di abitazioni su Monza e il conseguente aumento del valore immobiliare registrato negli ultimi anni – seppur con un 2025 in stasi rispetto al 2024 – hanno accresciuto la consapevolezza di cittadini e politici dell’esigenza di politiche dell’abitare. Edilizia convenzionata, edilizia tematica, e, ancor di più, edilizia sociale, sono le soluzioni che ha in testa l’assessore all’Urbanistica di Monza, Marco Lamperti, per tentare quantomeno di mettere un argine al fenomeno del caro immobile in città, pensando soprattutto ai ceti medi e bassi.
"Siamo in un frangente in cui anche l’edilizia convenzionata non basta – osserva Lamperti –. Rappresenta una convenienza rispetto al mercato, ma a Monza significa comunque 3.000-3.500 euro al metro quadrato. Per molte famiglie restano cifre proibitive. La nuova frontiera è l’Ers, l’edilizia residenziale sociale, che può garantire prezzi calmierati grazie a convenzioni tra Comune e cooperative". L’assessore individua in questa formula la risposta per la cosiddetta “fascia grigia”: lavoratori con stipendi bassi, giovani alle prime esperienze, studenti che si mantengono con lavoretti, famiglie in difficoltà. "Una fascia molto ampia e oggi la più disarmata", sottolinea. L’attuazione concreta dell’Ers arriverà solo dopo l’approvazione del nuovo Pgt, prevista nel 2026. Nel frattempo, il Comune lavora su più fronti. Sono in istruttoria una decina di piani attuativi di edilizia convenzionata, che porteranno sul mercato centinaia di abitazioni a prezzi calmierati nel corso dei prossimi cinque anni. Parallelamente prendono forma i primi esperimenti di edilizia tematica. La Fondazione Bellani trasformerà nel giro di due anni l’ex commissariato di viale Romagna in un complesso di co-housing per persone a basso reddito. Un altro progetto riguarda l’area dell’ex caserma IV Novembre, dove sorgerà uno studentato da 500 posti letto, un campus “all’americana” con mense, aree sportive, parcheggi e spazi di studio. Resta più complesso il nodo delle case sfitte. Secondo l’Istat, a Monza sono oltre 7.300 le abitazioni non abitate. "Non sono però tutte realmente vuote – precisa Lamperti –. Una parte sono in affitto a non residenti, oppure sono case di appoggio o vendute e non abitate. C’è da dire poi che un cuscinetto di 3.000-3.500 case sfitte a Monza serve a evitare ulteriori rialzi dei prezzi". Più che concentrarsi su questo segmento, l’amministrazione punta a incrementare l’offerta di residenziale a canone moderato tramite il recupero di aree dismesse, vista anche la prevista crescita della popolazione monzese fino a 130mila abitanti nel 2042. Sul fronte delle case popolari, invece, la situazione resta immutata. Il patrimonio comunale conta 1.432 alloggi, di cui 211 non occupati. Le assegnazioni annue si aggirano attorno alla trentina: quest’anno saranno 32, a fronte di una graduatoria che conta oltre 600 domande, di cui circa 400 ammesse.
In Consiglio comunale il tema è stato sollevato dal consigliere di Civicamente Paolo Piffer, mentre l’assessora alle Politiche abitative, Andreina Fumagalli, ha di recente aperto alla possibilità dell’autorecupero per il futuro. Con l’introduzione di questa modalità, gli inquilini potranno entrare in alloggi che necessitano di piccoli interventi, da eseguire a loro spese, in cambio di uno sconto sull’affitto. Resta sullo sfondo una questione di respiro nazionale. "Il tema casa non può essere lasciato solo ai Comuni – ammonisce Lamperti –. Serve una legge ampia e articolata, capace di intervenire su più livelli".
A.S.