ALESSANDRO SALEMI
Cronaca

Il monumento. Due binari circondati di rose

Inaugurato ieri al Bosco di via Messa a Monza. È stato firmato da architetti figli di deportati.

L’inaugurazione al Bosco della Memoria del monumento che racconta la resistenza silenziosa di 650mila internati militari

L’inaugurazione al Bosco della Memoria del monumento che racconta la resistenza silenziosa di 650mila internati militari

Due binari che guardano verso il cielo, cinti da rose rampicanti di un’antica specie. È questo il segno scelto per raccontare l’assenza e la resistenza silenziosa dei 650mila internati militari italiani (di cui 50mila uccisi), deportati nei lager nazisti dopo l’8 settembre 1943. Il nuovo monumento del Bosco della Memoria di via Messa è stato inaugurato ieri, nella Giornata nazionale a loro dedicata.

La cerimonia, semplice e intensa, ha visto la partecipazione del sindaco Paolo Pilotto, del vicepresidente nazionale di Aned Leo Visco Gilardi, del presidente di Anpi Monza e Brianza Fulvio Franchini, dello storico Luca Frigerio, della sezione milanese di Anei e degli studenti della scuola media Ardigò. Il monumento, progettato dall’architetta Rosa Lanzaro, riprende l’impostazione già tracciata dalle 92 installazioni permanenti del Bosco inaugurate nel 2018. Una cintura in corten incisa da una sequenza di “No“ abbraccia le rotaie, simbolico albero della memoria. Quei “No“ rappresentano i rifiuti pronunciati da uomini comuni, giovani soldati e padri di famiglia che, pur sapendo di condannarsi alla fame e ai lavori forzati, rifiutarono il nazifascismo. Il progetto è stato proposto da Aned Monza e Sesto San Giovanni, con Anpi Monza e Brianza. Dietro all’idea due architetti monzesi, l’ex sindaco Michele Faglia e Antonio Bellini, figli di due ex Imi sopravvissuti ai lager. "I nostri padri tornarono, molti altri no – le loro parole –. Il Bosco è il luogo dove ricordare non solo le loro storie, ma la disumanità a cui l’uomo può arrivare". Fuori microfono, Faglia ha ricordato il destino del padre Vittorio, costretto a cambiare sei campi di concentramento prima della Liberazione, quando gli inglesi dovettero insegnargli di nuovo a mangiare. E il padre di Bellini, Vittorio, che a Unterlüss si offrì di morire al posto di compagni ingiustamente accusati: si salvò per un annullamento improvviso della condanna. Entrambi tornarono a casa, ma non riuscirono mai a raccontare quel dolore. Commosso l’intervento di Fulvio Franchini di Anpi: "Questi No hanno portato all’alba della nostra democrazia". Accanto alle autorità, le studentesse e gli studenti dell’Ardigò hanno inscenato un ballo-recita ispirato a Chaplin e al suo Grande dittatore. "Purtroppo molti potenti sono ancora sordi", hanno declamato, riportando in vita l’appello del grande attore. L’opera è costata 12mila euro, metà dei quali sostenuti dal Comune. Per la restante parte, Aned ha avviato una raccolta fondi online.

A.S.