ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

I Nomadi sono tornati. Dalle live al Dal Verme un album che è già mitico. Carletti: “Che potenza il profumo del palco”

Un viaggio nella storia del “gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones”, registrato nel teatro milanese. Primo album dal vivo da dieci anni a questa parte, contiene 18 brani più un medley in cui trovano posto “Il paese”, “L’eredità” e “Né gioia né dolore”

Viaggio nella storia dei Nomadi

Viaggio nella storia dei Nomadi

Milano – Metti una sera, tra amici, al Dal Verme. Che sarà scrigno per il primo album dal vivo dei Nomadi da dieci anni a questa parte. Un viaggio nella storia del “gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones” in cui, a sentire il tastierista Beppe Carletti, c’è tutto: dalla scoperta della “straordinaria voce” di Augusto Daolio in un bar di Mantova nell’ormai lontanissimo ’63 ai primi successi, dall’ascesa alla caduta, all’oblio, alla risalita (grazie anche a Fiorello e alla sua riscoperta di “Io vagabondo”), alla malattia dell’amico, ai toccanti ultimi mesi assieme, al coraggio di ripartire da solo nella certezza che “Ago” avrebbe continuato a guidarlo dall’alto.

Diciotto brani (anzi, venti grazie al medley in cui trovano posto “Il paese”, “L’eredità” e “Né gioia né dolore”) che i nuovi arrangiamenti di “Live al Teatro Dal Verme” (disponibile dal 19 settembre) proiettano nel futuro con l’applauso del pubblico milanese. A parlarne sono i stessi Nomadi, vale a dire Yuri Cilloni, voce, Cico Falzone, chitarre, Massimo Vecchi, basso, Sergio Reggioli, violino, Domenico Inguaggiato, batteria e, naturalmente, il cofondatore Carletti, tastiere e fisarmonica.

Yuri, questo è il suo primo album dal vivo.

Cilloni: “Diciamo che, dopo otto anni di felice militanza nei Nomadi, avevo perso un po’ le speranze. Ma, come si dice, non è mai troppo tardi”.

Decimo album dal vivo.

Vecchi: “Da parte nostra è sempre come se fosse il primo, ben sapendo che la live è la miglior dimensione del gruppo perché la somma delle emozioni del pubblico con le nostre produce un risultato che va puntualmente al di là di quelle dei dischi”.

Carletti: “In 62 anni sono entrati e usciti dalla storia dei Nomadi una venticinquina di musicisti e ciascuno ha portato qualcosa, ecco perché vedo in ogni nostro album dal vivo un risvolto letterario che finisce col trasformarlo in una specie di libro scritto a più mani”.

Perché nel titolo avete voluto il nome del teatro in cui è stato registrato?

Carletti: “Perché il Dal Verme è un gran bel teatro e perché questa volta non volevamo documentare gli umori di ottomila persone in una piazza, ma l’emozione dei 1.500 di un auditorio totalmente focalizzato sulla nostra musica. Così abbiamo registrato quattro spettacoli e poi scelto il materiale migliore”.

Mimmo, lei è la “new entry”.

Inguaggiato: “Effettivamente sono arrivato nel 2023 e per me il traguardo del disco dal vivo dopo soli due anni di tournée è un onore. Dei concerti mi piace l’emozione del palco, incrociare gli occhi della gente, ma senza pressioni, perché ci pensa il grande amalgama del gruppo ad alleggerirmi le spalle”.

Un’intesa fortificata da decenni di concerti.

Carletti: “Non ricordo quale attore ha parlato di “profumo del palco“. Ecco, a tenermi ancora sulla strada a 79 anni è quella cosa lì; assieme all’odore dell’asfalto perché, nella storia di un gruppo, pure i chilometri contano”.

Chi fa la scaletta?

Carletti: “Spetta a Yuri, che ogni sera sta lì davanti e deve sentirsi bene addosso quel che canta. Di canzoni dei Nomadi ne abbiamo una vagonata e per questo ogni sera il nostro frontman sceglie metà repertorio tra il centinaio di pezzi messi a punto per il tour, mentre il resto sono “obbligati“, dalla storia che ci portiamo dietro”.

Un repertorio come il vostro continua ad infiammare gli animi con grande attualità.

Carletti: “Purtroppo, perfino certi brani lontani sembrano nati ieri. Basta pensare ad “Auschwitz“ e a quel che accade in Palestina. Sembra quasi che i Nomadi abbiano una canzone per ogni stagione, ma non è così. Sono le stagioni, drammaticamente, a ripetersi. Anche se non siamo più quelli degli inizi, noi Nomadi cerchiamo solo di essere coerenti con noi stessi e con la nostra storia”.