REDAZIONE MILANO

Lo beccano mentre fa un graffito e gli sequestrano lo smartphone: dentro centinaia di video pedopornografici

Writer residente nel Milanese ai domiciliari con il braccialetto elettronico: aveva ripreso a scaricare file violenti ed espliciti con ragazzine anche dal nuovo cellulare

La polizia locale di Milano ha condotto le indagini (Archivio)

La polizia locale di Milano ha condotto le indagini (Archivio)

Milano, 31 luglio 2025 – Un’impressionante galleria degli orrori. Foto e video condivisi su Telegram o sulla piattaforma russa Vk con gli altri utenti iscritti. Filmati di bambine e adolescenti costrette a subire atti sessuali contro la loro volontà.

L’imponente mole di materiale pedopornografico, ben 994 file, era custodita nel cellulare di S.R., ventinovenne residente coi genitori in un appartamento su due livelli nel primo hinterland nord. Nelle scorse ore, l’uomo è stato messo ai domiciliari con braccialetto elettronico dagli agenti della polizia locale, che hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Giulio Fanales su richiesta dei magistrati del pool guidato dall’aggiunto Maria Letizia Mannella.

La storia nasce poco più di un anno fa, quando i ghisa del Nucleo tutela decoro urbano bloccano in flagrante due writer che stanno imbrattando la facciata di uno stabile di via Pellegrino Rossi.

Gli accertamenti sul gruppo di graffitari porta anche a R., che il 13 settembre viene perquisito: i vigili gli sequestrano un Samsung S22. Ed è proprio analizzando quello smartphone che gli agenti di piazza Beccaria si imbattono in scatti e fotogrammi dai contenuti irriferibili per quanto espliciti e violenti. Scavando a ritroso, gli specialisti del Nucleo investigativo, guidati dal comandante Gianluca Mirabelli, scoprono che il ventinovenne, che si celava dietro il nickname “triple cancer”, frequentava diversi canali social per accedere “a contenuti ritraenti soggetti femminili in minore età”.

Non è finita. L’analisi della cronologia web dei siti visitati fa emergere sequenze ancor più esplicite, archiviate con nomi come “little models” e “lolitas”. Vista la quantità di foto e video, il 28 febbraio scorso va in scena una seconda perquisizione, che dà nuovamente esito positivo: R., stando alle accuse, ha ripreso come se niente fosse a scaricare contenuti di natura pedopornografica (24 immagini e un video) con il nuovo smartphone S9. “Si noti – scrive il giudice – che in entrambi i casi l’agente ha piena e incondizionata possibilità di fruire del materiale archiviato, indipendentemente dalla circostanza che sia stato egli stesso o altri ad aver effettuato l’operazione di salvataggio”.

All’uomo viene contestata anche l’aggravante dell’ingente quantità, contestata dalla difesa nell’interrogatorio preventivo. Citando una sentenza della Cassazione del 2017, che ha fissato l’asticella spartiacque ad “almeno un centinaio di immagini pedopornografiche”, il gip ha preso che “nel caso di specie tale dato quantitativo è ampiamente superato”.