SIMONA BALLATORE
Cronaca

Walter Tobagi, il ricordo della figlia Benedetta: “Il lascito di mio padre agli studenti, la sua vita è un antidoto al cinismo”

L’incontro con i ragazzi del Parini, corretto l’errore storico nella targa e si va oltre la cronaca. “Giovani sopraffatti dalle notizie, a loro l’invito ad affrontarle con l’entusiasmo della ricerca. Come papà”

La nuova targa al liceo Parini dedicata a Walter Tobagi. A destra, la figlia Benedetta

La nuova targa al liceo Parini dedicata a Walter Tobagi. A destra, la figlia Benedetta

Milano – “Questa targa va oltre la dimensione cronachistica: è un modo di dire ai ragazzi che - qualunque cosa succeda - quello che le persone fanno nella vita lascia un’impronta così profonda, così calda, che resta. Ed è un grosso antidoto anche al cinismo”.

Benedetta Tobagi è al liceo Parini di Milano a 45 anni di distanza dalla morte di suo padre, Walter Tobagi, che si diplomò tra queste aule e avviò qui la sua carriera: sfoglia insieme ai ragazzi anche i primissimi suoi articoli su La zanzara. E con loro scopre la nuova targa che ricorda l’“illustre pariniano e giornalista, per il suo impegno in difesa della libertà”, sostituendo la precedente - affissa nel 2012 - in memoria dell’“Alunno del Parini, giornalista valoroso ucciso dalle Brigate Rosse il 28 maggio del 1980 per avere difeso con coraggio la verità ed i valori della repubblica”.

Errore “storico“ riparato?

“Per molti era un errore “piccolo“. Mio padre non è stato ucciso dalle Brigate Rosse, ma da un piccolo gruppo (la Brigata XXVIII marzo, ndr). Un dato che però ci fa capire proprio quello scorcio di fine anni ’70. L’ho fatto notare perché in realtà è a partire da dati piccoli che si discutono grandi contesti. E mi sento in armonia con la scelta di realizzare una targa che, anziché concentrarsi sulla dimensione puramente cronachistico mortuaria, cioè sull’omicidio, in qualche modo valorizza la vita della persona: mio padre, come tante altre vittime di quegli anni, è stato colpito per come faceva il suo lavoro, non solo per il suo lavoro”.

È stata intervistata dagli studenti. Cosa l’ha sorpresa di più?

“Sono venuta proprio per le loro domande, ne avevano tantissime. Finirò di rispondere a tutte. Io credo che memoria e storia debbano andare a braccetto. Contestualizzare la figura di mio papà nel suo tempo è la cosa più feconda e più utile che può servire loro come studenti, ma soprattutto come persone, come cittadini. E mi ha colpito molto il fatto che le domande siano molto legate allo sconcerto per il presente, a capire cosa fare, come informarsi”.

Li ha invitati a ripartire dalle fonti, a confrontarle, ad approfondire. A seguire il metodo Tobagi, insomma.

“Mio padre, da inviato speciale, ha mantenuto sempre questa grande abitudine che gli veniva dai suoi studi, dalla sua pratica di ricercatore di storico, oltre che di giornalista, di lavorare su un’amplissima documentazione e prepararsi molto. Aveva questa grande curiosità unita a una vocazione a offrire spiegazioni chiare, approfondite e chiavi di lettura, in un momento che anche allora era di grande confusione. Un insegnamento attuale, visto che è diventato difficile informarsi, non solo per i ragazzi, ma anche per gli adulti”.

Che fare?

“Bisogna imparare a gestire la sensazione di essere confuso e di non capire niente: è normale attraversare questa fase, prima di riuscire effettivamente a costruirsi un quadro e capire criticamente. Riuscire a capire qual è l’orientamento e l’intendimento dell’informazione che stai fruendo poi dà una grande libertà. In questo momento, secondo me, bisogna proprio tornare ai fondamentali: riabituarsi a non avere paura, a gestire questo sconcerto. Molti in realtà si rifugiano nella distrazione, perché è troppo il carico e anche il peso emotivo di sentirsi sopraffatti dal fatto di non capire niente e da realtà spaventose. E invece quando si comincia a lavorare è come dipanare il filo di una matassa, col tempo diventa sempre più facile”.

Il suo consiglio ai ragazzi?

“A loro diciamo che tra i tanti dati negativi, ci sono anche tanti contenuti, canali diversi, podcast di grande valore. E i ragazzi molto spesso sono anche poliglotti, hanno ancor più possibilità. Bisogna indirizzarli e incoraggiarli a vivere con l’entusiasmo della scoperta anche il momento iniziale, in cui si pensa, “oddio, non capisco niente“”.