Vittorio Boiocchi, ucciso a colpi di pistola storico capo ultras Inter: due killer in moto

Milano, si cercano due uomini arrivati in moto dopo l'agguato con cinque 5 spari in via Fratelli Zanzottera: la vittima colpita a collo e torace. A San Siro ritirati gli striscioni

Milano, 29 ottobre 2022 - "Abbiamo sentito delle esplosioni fortissime. Siamo usciti a controllare e a terra c’era un uomo in un lago di sangue". Vittorio Boiocchi, storico capo ultrà dell’Inter, vittima di un agguato sotto casa, in via Fratelli Zanzottera 12 nel quartiere di Figino all’estrema periferia ovest della città. Almeno 5 colpi d’arma da fuoco. Due i killer arrivati in moto. Uno è sceso e ha intercettato Boiocchi al cancello della palazzina. Erano le 19.45 di ieri, sabato 29 ottobre, serata di Inter-Sampdoria. Tre i colpi andati a segno, al torace e al collo. Immediati i soccorsi. Ma le condizioni di Boiocchi erano disperate: è morto poco dopo, all’ospedale San Carlo.

«Ho visto quell’uomo a terra, in un lago di sangue. Attorno c’erano familiari che si disperavano e i soccorritori che cercavano di rianimarlo. Nel quartiere è arrivato pure l’elisoccorso, atterrato nel campetto dell’oratorio», racconta un residente. Chi l’ha ucciso? Perché? Domande a cui i poliziotti della Squadra mobile guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo dovranno dare una risposta, anche con l’aiuto delle testimonianze e delle telecamere della zona. Si cercano due uomini a bordo di uno scooter per l'agguato in cui e' stato ucciso Vittorio Boiocchi, storico capo ultra' della Curva Nord nerazzurra. Da quanto appreso il 69enne stava rientrando a casa al civico 14 di via Fratelli Zanzottera, quartiere Figino alla periferia Ovest di Milano. Sono almeno cinque i colpi esplosi verso Boiocchi. Boiocchi, che avrebbe compiuto 70 anni il prossimo 30 dicembre, torna sulla scena del tifo nerazzurro negli ultimi anni, dopo i ventisei trascorsi dietro le sbarre per rapina e narcotraffico, “scalando“ la curva decapitata da Daspo e indagini dopo gli scontri di Santo Stefano del 2018, l’agguato agli ultras del Napoli che costò la vita a Dede Belardinelli. Finì sui giornali a settembre 2019, una scazzottata con l’altro capo storico Franco Caravita, poi minimizzata dai due che si fotografarono sorridenti (e col dito medio alzato) per mettere a tacere le voci di dissidi. Il capo dei Boys si segnala in seguito per altre imprese legate al tifo (l’adunata in barba alle restrizioni ad Appiano Gentile, in piena pandemia).

Ma non solo: a marzo 2021 la Squadra mobile lo arresta, insieme al pregiudicato e quasi coetaneo Paolo Cambedda, dopo averli trovati su un’auto rubata e muniti di pistola modificata, storditore elettrico, coltellaccio, manette e una pettorina con la scritta «Guardia di finanza». L’ipotesi degli investigatori, che a giugno di quest’anno arresteranno altri presunti componenti della banda, è che Boiocchi e Cambedda siano stati assoldati da un uomo d’affari (e candidato non eletto alle regionali 2018 in Lombardia) per intimidire un imprenditore dal quale il primo pretendeva una “stecca“ di oltre due milioni di euro per l’aiuto ad aggiudicarsi un maxiappalto di servizi di pulizie per la Sanità siciliana. 

E quest’arresto di Boiocchi ebbe un certo peso quando, a metà giugno dell’anno scorso, la sezione misure di prevenzione del Tribunale gli appioppò due anni e sei mesi di sorveglianza speciale. L’ultrà aveva impugnato il provvedimento ma la Cassazione a maggio di quest’anno gli ha dato torto: Boiocchi è morto da sorvegliato speciale, con l’obbligo, tra le altre prescrizioni, di tenersi ad almeno due chilometri da San Siro durante le partite. 

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