Inter, botte in Curva Nord. Caravita: "Nessuna faida interna"

Il leader storico dopo lo scontro con Vittorio Boiocchi

Vittorio Boiocchi in un letto d'ospedale con l'altro ultrà Franco Caravita

Vittorio Boiocchi in un letto d'ospedale con l'altro ultrà Franco Caravita

Milano 16 settembre 2019 - Una foto pubblicata sulla pagina facebook della curva nord interista per annunciare la pace ritrovata dopo la scazzottata di San Siro. Vittorio Boiocchi su un letto di ospedale, dove è stato ricoverato dopo l'attacco cardiaco di sabato notte; vicino a lui Franco Caravita che lo avvolge in un abbraccio fraterno. A corredo, un eloquente gesto con il dito medio indirizzato a chi ipotizza una guerra interna alla curva nord interista. Sembrerebbe impossibile che i due "vecchi" capi ultrà interisti solo qualche ora prima si siano affrontati a muso duro all'ingresso del secondo anello verde, durante Inter-Udinese di sabato sera, con uno scambio di pugni e calci, sui cui la Digos sta stilando un'informativa da inviare alla Procura.

L'equilibrio decennale della curva nord si è spezzato? Se lo chiedono in tanti.  "Non è così - risponde Franco Caravita, leader storico dei Boys San - non c'è una faida interna, nè una guerra di egemonia per prendersi la curva. Non ne esiste motivo, il nostro è stato un scontro personale". Bisogna fare un passo indietro e decifrare le dinamiche dell'organizzazione. Da diversi mesi,  in seguito agli incidenti di Inter-Napoli del 26 dicembre 2018 in cui ha perso la vità l'ultrà varesino Davide Belardinelli, gemellato con i nerazzurri, a reggere la curva nord è un direttivo guidato da due persone, una delle quali è proprio Vittorio Boiocchi, 66 anni, Boys nerazzurro della prima ora, che ha da poco finito di scontare una condanna trentennale per narcotraffico e rapina, prima in carcere e poi in affidamento. Un curriculum criminale che tiene in allerta la questura per i possibili scenari futuri. L'altro è un trentenne titolare di una propria attività di impresa, cresciuto in curva.  

 "Dal 2012 ho deciso di lasciare ad altri la gestione della curva",  sottolinea Caravita che, a dispetto delle apparizioni televisive e di una fama riconosciuta negli stadi non è più il responsabile degli ultrà interisti. Con tutto quello che ne consegue in termini di biglietti, trasferte e rapporti. Il testimone è prima passato a due militanti storici della Nord e infine, dopo sette anni, alla gestione Boiocchi. Che, dunque, già esercita la sua egemonia. "Consideratemi un leader storico - ancora Caravita -  ma non esiste un potere da togliermi, perché l'ho già lasciato io anni fa. Chi scrive che mio figlio vuole seguire le mie orme è disinformato. Lui fa l'università. Se mi vedete ancora in curva è perché non esiste altro settore in cui io possa vedere l'Inter.". Ma allora cosa è successo sabato sera? "Uno scontro tra uomini per motivi non legati alla attuale gestione della Nord". Il presunto fastidio per il coro "Vittorio uno di noi"? "Ma non scherziamo - risponde - ero lì quando lo hanno lanciato dalla transenna, chi pensa che me la possa prendere per questo non ha capito chi sono". La spiegazione albergherebbe dunque nei conti sospesi del passato, gli anni in cui Caravita dominava la scena e Boiocchi era in cella, in un'escation di tensioni e livori sedimentati nel tempo. Martedì c'è Inter-Slavia Praga di Champions e molti occhi guarderanno alla Curva Nord: Caravita sarà lì, come sempre, Boiocchi non potrà chiaramente esserci perché ricoverato. Per loro la questione si è comunque chiusa con quella foto. 

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