Chi era Vittorio Boiocchi, il capo ultras dell'Inter ucciso a colpi di pistola

Dalla condanna a 26 anni per rapina e narcotraffico al divieto di avvicinarsi a San Siro, dove era venuto alle mani con un altro storico leader della Curva

Milano - Settant'anni, una trentina dei quali passati in carcere. Era un personaggio, ingombrante Vittorio Boiocchi, ucciso questa sera con un agguato a colpi di pistola sotto casa a Figino, periferia ovest di Milano. Conosciuto ai più come capo ultras dell'Inter, era molto più che un tifoso da stadio. 

Condannato per narcotraffico e rapina, sconta una pena di 26 anni, prima in carcere e poi in affidamento, dal 1992 al 2018. Tornato in libertà, scala nuovamente le gerarchie ultras della Cruva Nord nerazzurra, scontrandosi con un altro storico leader dei Boys, Franco Caravita. Fra i due, nel settembre 2019, volarono calci e pugni a San Siro, prima della pace siglata su letto d'ospedale dove Boiocchi era stato ricoverato in seguito a un arresto cardiaco. Sempre in ambito tifoseria organizzata nel marzo 2020, in piena emergenza Covid, Boiocchi partecipa a due manifestazioni ad Appino Gentile, insieme a "numerosi soggetti pregiudicati e sorvegliati speciali", e "in violazione della normativa in materia di emergenza sanitaria e potenzialmente detonatrice di ulteriori focolai epidemici". 

Nel marzo 2021 Boiocchi incappa invece nuovamente nella giustizia ordinaria. Insieme a un'altra persona, viene arrestato dai poliziotti della squadra Mobile a bordo di un'auto rubata, in zona Città Studi a Milano. Sul mezzo, gli agenti trovarono droga e armi, oltre a un sacchetto con all'interno un paio di manette, alcune pettorine della Guardia di finanza, uno storditore elettrico (taser) e una pistola a salve con la canna modificata in grado di sparare e delle cartucce calibro 38. Secondo quanto accertato in una successiva inchiesta, Boiocchi e il complice erano stati assoldati da un faccendiere per costringere un imprenditore a dargli due milioni di euro. 

Nel giugno dello stesso anno, alla luce di questi episodi, per Boiocchi viene stabilita la sorveglianza speciale per 2 anni e 6 mesi con prescrizioni tra cui il divieto di accedere allo stadio di San Siro, da cui dovrà tenersi a distanza di 2 chilometri, per "spezzare quel legame pericoloso" con la "tifoseria interista" e per tutelare gli ultrà non  "criminali". Una misura, quella richiesta dalla Questura e disposta dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, per il leader dei Boys nerazzurri rietenuto incapace incapace, come scrivevano i giudici Roia-Tallarida Pontani, "di imbastire un progetto di vita alternativo rispetto ad una carriera deviata che lo ha visto detenuto". Un provvedimento contro cui Boiocchi aveva presentato ricorso, respinto però dalla Cassazione lo scorso maggio.