ANNA GIORGI
Cronaca

Viale Abruzzi, le ultime ore prima dell’omicidio di Sueli: “Ho bevuto vino, birre, Campari. Poi la lite”

Il racconto dell’uomo che con freddezza ha ucciso la sua compagna, dando fuoco al loro appartamento. Contestate aggravanti da ergastolo

Rilievi nell’appartamento devastato dalle fiamme. Nel riquadro, la vittima Sueli Leal Barbosa

Rilievi nell’appartamento devastato dalle fiamme. Nel riquadro, la vittima Sueli Leal Barbosa

Milano – Un piano studiato nei dettagli affinché Sueli Barbosa avesse una morte lenta, atroce e consapevole: “Con sofferenze prolungate, non solo prevedibili, ma ricercate da chi ha creato le condizioni perché l’evento si sviluppasse proprio con quelle caratteristiche”.

Così scrive la procura nella richiesta di arresto per Michael Pereira, 45 anni brasiliano come la sua compagna Sueli, con l’accusa di omicidio volontario aggravato dal legame di convivenza, dai futili motivi, dalla premeditazione e dalla crudeltà. Aggravanti da ergastolo.

Sueli, come hanno raccontato i vicini, ha tentato di mettersi in salvo, quando ha capito di essere rimasta imprigionata dalle lingue di fuoco. “Non stupisce - si legge ancora nel provvedimento - che abbia deciso di sporgersi dalla balaustra, poi cadendo, non è chiaro se buttandosi volontariamente in un estremo tentativo di salvarsi o semplicemente cadendo, per effetto dello sfinimento, di uno svenimento per l’inalazione di fumi o forse per l’impossibilità di reggersi ad una ringhiera ormai divenuta incandescente”.

Il quadro di cosa è accaduto la notte della tragedia è stato ricostruito dai vicini di casa e completato dai primi esiti dei rilievi degli investigatori. “Ho sentito rumori di piatti che si rompevano, urla di una lite provenire dall’appartamento di Sueli. Dalle 00.30 - racconta un vicino - gli schiamazzi erano più forti e ho pensato che ci fosse una festa. Verso le ore 00.55 - continua - gli schiamazzi sono diventati grida di lamento, e c’era un odore di fumo che si faceva sempre più forte”. A questo punto il testimone racconta di essersi avvicinato alla porta da cui provenivano le urla e di essere andato sul ballatoio e di avere cercato di aprire la porta dell’appartamento “che però era bloccata”.

Un altro testimone era presente nel momento in cui Sueli si è lanciata o, più probabilmente, è caduta dal ballatoio. Tutti hanno confermato la sequenza: la lite, le urla, il rumore di piatti lanciati e poi il fuoco e il volo dal quarto piano. Lui, invece, è uscito di casa subito dopo aver appiccato il fuoco. Le telecamere del palazzo e della strada lo riprendono alle 00.49, mentre lui aveva dichiarato di essere uscito tra le 23 e le 23.30. Ha raggiunto il bar “Caffè degli artisti” a cinquecento metri di distanza e ha osservato, senza alcuna emozione, e sorseggiando una birra, i soccorsi, purtroppo vani, l’arrivo di ambulanze, le sirene, i vigili del fuoco e le volanti della polizia. Con altrettanta indifferenza ha raccontato in procura la sua giornata.

“A partire dalle 14 ho cominciato a bere birra e Campari. Eravamo in un bar di cinesi in viale Monza, uno qualunque. Ero con un mio amico, che si chiama...(omissis). Non so nemmeno se è il suo vero nome. In totale avrò bevuto circa 10 birre e 4 Campari, poi una bottiglia di vino rosso. Poi avevo versato anche del vino bianco, che però non mi andava e quindi l’ho lasciato lì”.

E prosegue: “Ad un certo punto mi ha chiamato Sueli che voleva sapere dove ero. Lei era molto gelosa. Le ho chiesto di passarmi a prendere, così dopo poco tempo è passata dal bar, mi ha chiesto di accompagnarla dal parrucchiere, ma io le ho detto che non ne avevo voglia, quindi io sono rimasto al bar mentre lei è andata dal parrucchiere cinese poco distante. Verso le 20.30 - continua lui davanti agli investigatori - è tornata a prendermi e siamo andati in un locale brasiliano di viale Monza, poi insieme siamo andati a casa. Lì abbiamo bevuto del vino, lei ne ha bevuto un bicchiere, poi è andata a fare la doccia e si è messa a letto chiedendomi di raggiungerla. Io sono rimasto in sala a bere, ad un certo punto è terminato il vino, ho iniziato a bere del vino bianco, ma non mi piaceva perciò ho deciso di uscire a prendere una birra”.

In realtà, come ricostruito dalle indagini, dopo la lite, lui ha cosparso la casa di liquido infiammabile, un accelerante in almeno due stanze dell’appartamento. E sul punto la procura contesta la premeditazione, Pereira fa saltuariamente l’imbianchino ed è, per lavoro, in possesso di bottiglie di diluenti o altri materiali altamente infiammabili. Poi è uscito di casa, ha chiuso la porta a chiave dall’esterno, assicurandosi che lei, senza altre chiavi, non avesse la possibilità di aprire la porta e mettersi in salvo. Il resto è la cronaca di un omicidio feroce.

Pereira interrogato dal gip per la scontata convalida ha confermato tutte le menzogne. Il movente del femminicidio: “un Maturato risentimento crescente verso la compagna, con la quale aveva un rapporto caratterizzato da frequenti liti”, si legge nelle carte. Lei lo aveva già lasciato diverse volte, poi lo aveva perdonato e tre settimane fa erano tornati insieme.