Milano, 6 giugno 2025 – Non un incendio colposo, ma “un'azione caratterizzata da un minimo di pianificazione e non frutto di un'azione d'impeto”. È questa la motivazione che ha portato al fermo di Michael Sinval Pereira, 45enne brasiliano con l’accusa di aver ucciso la compagna di 48 anni Sueli Leal Barbosa, che si è lanciata dalla finestra nel tentativo di sfuggire alle fiamme divampate nel suo appartamento al quarto piano in viale Abruzzi a Milano.

Il fermo, dopo un lungo interrogatorio negli uffici della Questura, è stato disposto per il pericolo di fuga - il 45enne non ha un domicilio effettivo, né una sede lavorativa stabile - e il pericolo di reiterazione del reato, “tenuto conto delle gravità e della stessa crudeltà dell'azione, condotta nei confronti della convivente, nei cui confronti non ha manifestato alcuna forma di dolore o ancor meno resipiscenza”. La richiesta di convalida del fermo e di custodia cautelare in carcere dovrà essere valutata dal gip che dovrà fissare l'interrogatorio.
Il fermato: “Per rabbia ho gettato una sigaretta sul tappeto”
Quando è divampato il rogo, Pereira era in un bar poco lontano da casa. E ha detto di aver capito cosa fosse successo soltanto dopo aver visto i lampeggianti dei mezzi di soccorso. Poi, convocato negli uffici della Squadra mobile in questura, ieri pomeriggio, dalle sue parole sono emerse due versioni dei fatti e tante omissioni.
L'uomo racconta di essere uscito verso le 23 la sera precedente per andare a bere in un bar. Omette la lite con la donna, racconta di una caldaia difettosa, dell'abitudine della compagna di lasciare candele accese, poi di fronte alla contestazione che una telecamera lo inquadra mentre esce di casa alle ore 00.49, vacilla e si autoaccusa.
“Io e Sueli abbiamo discusso, lei era arrabbiata con me perché voleva che la raggiungessi a letto anziché bere, io mi sono innervosito, ho fumato una sigaretta e un istante prima di uscire l’ho gettata sul tappeto che era davanti al divano. Lei era maniaca della pulizia, volevo solo farle un dispetto, non pensavo che avrei provocato un incendio. Preciso che lei puliva il tappeto e il divano con alcol ed ammoniaca”.

Il resto lo spiega nell'interrogatorio davanti alla pm Maura Ripamonti. “Volevo fare un dispetto, non pensavo di provocare un incendio o di ucciderla”. Gli acceleranti trovati, nel sopralluogo dei vigili del fuoco, in salotto e in camera da letto raccontano un'altra storia per gli inquirenti.
“Sono molto dispiaciuto. La cosa che mi fa più male è la sua morte, noi avevamo in programma di sposarci il mese prossimo. Stavamo solo aspettando il mio divorzio. Mi distrugge sapere che lei sia morta per una stupidaggine che ho fatto io. È uno sbaglio con cui dovrò convivere tutto il resto della mia vita”. Dice di non aver visto le fiamme prendere piede, ma alle 00.56, sette minuti dopo essersi chiuso la porta di casa alle spalle, i vicini chiamano già i soccorsi.
In questo rapporto "burrascoso" - a dire di chi conosceva la coppia - è "il risentimento” per la Procura la molla “un'azione caratterizzata da un minimo di pianificazione e non frutto di un'azione d'impeto”. Le bugie, i filmati dell'incendio e delle telecamere, il sopralluogo restituiscono “un quadro di estrema gravità indiziaria” nei confronti di chi “non ha manifestato alcuna forma di dolore o ancor meno resipiscenza”.
Pm: “Non prova nessun dolore”
Intanto emergono dettagli sull'interrogatorio di Michael Pereira. Stando sempre alla pm, l’uomo non ha mai “manifestato alcuna forma di dolore o ancor meno resipiscenza” e ha aggiustato mano a mano “la sua versione” con “menzogne”, dall'orario “di uscita” dall'abitazione, “all'assenza di liti” con la donna, fino “alla presenza di cause alternative del rogo “quale il malfunzionamento della caldaia, che in realtà è risultata regolare”.
L’ipotesi degli inquirenti
Per gli inquirenti, “Pereira è uscito dell'appartamento dopo aver appiccato il fuoco con un accendino o un altro strumento, forse anche i fiammiferi che la compagna teneva nella propria borsa. L'incendio si sviluppa inizialmente nel soggiorno, ma in pochi minuti, grazie agli acceleranti, si estende con estrema rapidità nella stanza da letto", dove la donna resta intrappolata e tenta la fuga lasciandosi cadere nel vuoto.
L'uomo esce da casa “intorno alle ore 0.49 e la prima chiamata al 112 è delle ore 0.56, quindi pochissimi minuti dopo”. Per la Procura “è ragionevole ritenere che egli, per ragioni di risentimento (dopo una lite, ndr) nei confronti della convivente, abbia deciso di appiccare il fuoco”. Il racconto delle fiamme scaturite dall'uso dei prodotti di pulizia “suscita invece perplessità ed è probabilmente un maldestro tentativo - una volta messo di fronte alle bugie inizialmente raccontate (compresa l'ipotetica presenza di candele profumate o di un malfunzionamento della caldaia) - di ricondurre il tutto ad una 'disgrazia' o al più ad un atto colposo”.