
Massimo Tilli della G&G scrive una lettera ai 900 residenti “prigionieri“ del cantiere in Via dei Pini. Al centro della vicenda la tentata estorsione da 30 milioni di euro per crediti non pagati alla Fenice.
Arriva la lettera di scuse alle novecento famiglie residenti in Via dei Pini, “prigioniere“ da quattro anni dei cantieri del Superbonus 110%. A scriverla è Massimo Tilli, volto della G&G sul territorio. Al centro della vicenda c’è, infatti, una tentata estorsione da 30 milioni di euro, orchestrata per evitare il pagamento di crediti vantati dalla società G&G dei Motterlini nei confronti della società Fenice, l’azienda dell’immobiliarista romano Lorenzo Sbraccia (poi divenuta Sbr). Scuse tardive ma necessarie dopo l’arresto di Michael e Nicolas Chiera – due cugini residenti in provincia di Bergamo, finiti in manette nel filone parallelo dell’inchiesta milanese Equalize. Secondo il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice, i due erano "pienamente a conoscenza" che il vero "motore" dell’operazione fossero "gli interessi economici della famiglia (di ’ndrangheta, ndr) Barbaro di Platì".
La lettera recita: "Scrivo queste righe con grande rammarico, prima di tutto per porgere le mie più sincere scuse a tutti voi. Le scuse vanno, senza riserve, a chi ha subito disagi, ritardi e, in certi casi, veri e propri danni derivanti da una gestione che si è rivelata inadeguata. Ho inizialmente dato fiducia a un’impresa che, col senno di poi, aveva come unico obiettivo quello di prendere tempo, lasciando oggi una situazione drammatica: dipendenti, imprese, fornitori e professionisti non pagati e, soprattutto, case lasciate incompiute, in condizioni che definire indecorose è riduttivo".
D’altronde Tilli è stato più volte contestato dagli stessi inquilini. "La mia colpa professionale è stata quella di credere che si potesse trovare una soluzione e completare i lavori. In realtà, ho inconsapevolmente agevolato una strada che ha portato all’abbandono dei cantieri, lasciando un’opera incompiuta e voi, residenti in una situazione da “Bagdad“. Sì, ho peccato professionalmente, e sono il primo a riconoscerlo. Mi cospargo il capo di cenere e vi chiedo scusa. Voglio però chiarire, con altrettanta onestà, che non ero a conoscenza – né ho mai sospettato – della gravità delle accuse che oggi emergono a carico dell’amministratore della Fenice e, forse, di altri dirigenti. Le contestazioni non riguardano solo incapacità o superficialità, ma veri e propri comportamenti di natura penale, dai quali mi dissocio.. Mai avrei pensato che dietro a una gestione disorganizzata si celasse un disegno criminoso", aggiunge.
La rivolta degli inquilini – che ha portato al cambio di un amministratore di condominio e alla resa della Fenice, la quale ha ceduto i cantieri alla Macos – era nata proprio lo scorso agosto grazie a Tilli che, non venendo pagato, non poteva a sua volta stipendiare gli operai. Questi ultimi, per protesta, si erano arrampicati sulle impalcature del cantiere: era il 6 agosto dello scorso anno. "So bene che, per molti di voi, accettare oggi le mie scuse possa sembrare impossibile, persino offensivo. Capisco il dolore, la rabbia e, forse, la delusione di chi ha visto in me un punto di riferimento. Tuttavia, sentivo il dovere morale e personale di prendere le distanze da ciò che sta emergendo e di chiedere perdono", conclude.