
Lo chef Alessandro Negrini
L’impatto del cambiamento climatico sulla cucina va oltre la sfera tecnica e produttiva: sta modificando l’immaginario collettivo del “mangiare lombardo”, trasformando ricette, stagionalità e sapori che sembravano immutabili. Alessandro Negrini, chef de “Il Luogo Aimo e Nadia“, ristorante stellato di Milano, è l’anello di congiunzione ideale tra la città (dove lavora) e la montagna. È di Caspoggio, in Valtellina, osservatorio privilegiato del clima che cambia materie prime e abitudini.
Quali ad esempio? "Il vino Sfursat, la maturazione forzata delle uve, nasce con un clima diverso: oggi il caldo favorisce la maturazione dell’uva sulla vite. Il Bitto è un formaggio unico, dovuto anche alle botaniche di cui si nutrivano gli animali da latte al pascolo. Se cambia il clima mutano le botaniche in montagna. Non serve creare allarmismo, ma il cambiamento climatico modifica la natura attorno a cui la nostra società cresce. E cambiano le caratteristiche dei prodotti".
Cambiano anche le richieste dei clienti? I pizzoccheri in estate resisteranno ai 30 gradi in montagna? "I pizzoccheri nascono come piatto invernale: vivono di freddo fuori e caldo dentro. In montagna lo cerchi perché completa l’esperienza: te l’hanno raccontato e te lo aspetti".
E in città? "Noi abbiamo il giardino e io sono un amante del mangiare in giardino. In estate proponiamo piatti cotti, ma freddi. Sono più digeribili del crudo e nello stesso tempo incontrano il desiderio di fresco. C’è più attenzione: non mangiar tanto, ma mangiare meglio".
Con le stagioni meno definite cambiano anche le proposte? "Il concetto di stagionalità era legato al calendario, oggi è più fluido e instabile. L’adattamento climatico non riguarda solo ciò che si mangia, ma anche come lo si percepisce: cosa si considera “estivo” o “invernale”, “tradizionale” o “innovativo”, sta cambiando rapidamente".
Quale contributo può offrire la cucina nella sfida al clima? "La cucina diventa una forma di resilienza culturale: uno spazio in cui si elaborano risposte creative a mutamenti profondi, dove l’innovazione non cancella la tradizione, ma la rilegge alla luce delle nuove condizioni ambientali. E gli chef sono sempre più figure di mediazione tra natura, cultura e società". L.B.