
Renata Molho con GIorgio Armani
Milano – ‘Essere Armani. Una biografia’. Inizialmente non autorizzata. Già perché è partita così, tanto in salita, l’avventura editoriale per Renata Molho, giornalista, saggista, critica del costume e della moda per il quotidiano Il Sole 24 Ore sino al 2012. “Naturalmente il rifiuto di Giorgio Armani era inevitabile”, racconta, “ma non mi sono persa d’animo, sono andata testardamente avanti. L’inizio è stato difficile, perché avevo una vastità oceanica e imperscrutabile di fronte a me, e il silenzio di Giorgio Armani tutt’intorno”.
E poi com’è andata?
"Ho cominciato ad intervistare conoscenti e amici e man mano che il lavoro progrediva e ad Armani ne giungeva voce, sono arrivati i primi timidi spiragli di apertura. Mi ha messo a disposizione l’archivio, ho potuto così portare avanti tutta questa complessa operazione. Quando poi è uscito il libro, in una prima edizione nel 2006, Giorgio Armani mi ha chiamato e mi ha detto: ‘E adesso se voglio scrivere un libro che devo aggiungere?’. Mi è sembrato carino da parte sua. E so anche che alcune copie sono finite sulla scrivania dei suoi dipendenti”.

Che Armani inedito tratteggia nella sua biografia (Baldini e Castoldi) tradotta in dieci lingue, e rieditata in tutti questi anni?
"Forse il Giorgio più umano, sentimentale. Un lato che aveva pudore a mostrare. Era riservato ma non di maniera, era la sua natura. Un ritratto intenso e articolato. Quell’aspetto sconosciuto e privato del quale lui era molto geloso. Tanto da ostacolare qualsiasi intromissione. E racconto le sue fragilità, le due anime dello stilista, una è più leggera e sorniona, quasi inespressa e l’altra, quella che tradisce raramente e che lo guida, assomiglia a una vocazione monastica. ‘La sfilata deve cominciare, ma mancano i vestiti: questo è il mio incubo ricorrente’ diceva ai suoi più stretti collaboratori aprendo uno spiraglio nell’immagine di perfezione scientifica, di sicurezza granitica che si ha di lui”.
E che altro?
“Anche l’identità Armani, un valore che ha perseguito tutto la vita. Ha mantenuto fede a se stesso, la sua forza. È la cifra dei grandi autori. Il suo mito l’ha costruito passo dopo passo. Non pensava certo a fare lo stilista allora, quando giunto a Milano, senza lavoro, viene aiutato da una sua amica che lo fa assumere come vetrinista in Rinascente. Quello che mi ha sempre colpito di lui è il suo talento nell’affrontare la vita, la sua umanità. Dei dolori e dei momenti difficili attraversati. La sua capacità di reazione. Questo ritengo sia l’aspetto interessante. Certo, ha iniziato nei fenomenali anni Ottanta, chi aveva talento, e lui evidentemente aveva un grande talento, poteva proporlo, sbagliare, arrivare alla perfezione e crescere. Si confrontava con altri grandi, da Gigi Monti con il marchio Basile a Gianni Versace, Valentino, Missoni. Ha avuto poi la grande intuizione, fare il salto e diventare imprenditore. Quando è morto il suo compagno Sergio Galeotti con il quale aveva dato vita al brand, in molti hanno temuto che crollasse tutto. Lui era un creativo non si occupava della parte economica. Invece ecco l’impero che ha costruito, uno dei pochi brand indipendenti. Ha avuto la lungimiranza di controllare la produzione di tutto e ha detto anche tanti no, più no che sì. Può contare su una bella famiglia, i nipoti Roberta, Silvana e Andrea Camerana e il suo storico braccio destro Leo Dell’Orco”.
Che rapporto aveva con lui?
“Silenziosamente affettuoso, di grande rispetto reciproco. Durante le cene e le conferenze stampa c’era un atteggiamento amichevole”.
Scorrono fiumi di parole in questi giorni. Armani aveva qualche difetto?
"Se di difetti possiamo parlare potremmo dire che il suo maggiore era il perfezionismo. Intransigente con se stesso e quindi di conseguenza anche con i collaboratori. Deciso, autorevole. Venerato dai suoi dipendenti. Ho parlato con tanti di loro, e mi sono solo arrivate conferme”.
E il dopo Armani?
"Siamo tutti orfani, ci mancherà moltissimo ma ha organizzato tutto benissimo. Lascia una traccia indelebile”.
Un ricordo?
"Le prime sfilate, 40 anni fa, con lui e quanti lo hanno adorato sin dall’inizio... ricordo una dolcissima Mia Martini. ‘Mimì ha un’anima bella’, diceva Armani. e Mimì ricambiava, adorava i suoi abiti, il ‘fascino sottile delle linee, i colori’. Lo considerava un artista”.