
In Lombardia il 20% degli studenti non ha cittadinanza italiana
Leila e Sana sono i nomi di due ragazze che hanno dovuto dimostrare di essere studentesse normali. “Te il liceo non riesci a farlo”, si è sentita dire Leila dal corpo docenti. “Meglio un istituto molto semplice”, hanno consigliato a Sana. Entrambe non hanno ascoltato i consigli e sono diventate ottime liceali, ma sono dovute passare sopra quella discriminazione gentile – frutto talvolta di un’erronea percezione del “bene dello studente” – che ancora attraversa parte del sistema scolastico.
Il problema non è economico, è culturale. Secondo un recente rapporto dell’associazione Save the Children, sono i pregiudizi camuffati da “consigli orientativi” che spingono questi ragazzi verso percorsi considerati più “adatti”. Come se l’origine geografica dei genitori determinasse le capacità cognitive dei figli.
I dati raccolti da Save the Children ci dicono che in Lombardia il 20% degli studenti non ha cittadinanza italiana. Parliamo di oltre 215.000 persone, non di un’eccezione. Vengono definiti “stranieri” – termine che deriva da una parola latina che vuol dire “estraneo”, qualcosa “al di fuori” – anche se due terzi di loro sono nati qui, tutti loro studiano e giocano qui, tifano le squadre locali, spesso conoscono solo questo paese, si sentono italiani e qui immaginano progetti di vita.