
La moto sulla quale viaggiavano Fares e Ramy e l’auto dei carabinieri dopo l’impatto
Milano, 8 luglio 2025 – L’insieme "delle risultanze acquisite conferma integralmente le conclusioni già espresse nella relazione tecnica principale". Lo ha scritto l’8 giugno l’ingegnere Domenico Romaniello, consulente dei pm sul caso Ramy, ribadendo, nel rispondere ad altre consulenze di parte che andavano in senso opposto, le valutazioni della sua relazione di marzo.
Per lui, in sostanza, l’unico responsabile dell’incidente sarebbe stato l’amico del diciannovenne, Fares Bouzidi, mentre il carabiniere che guidava la Giulietta avrebbe avuto un comportamento corretto.
Il 3 luglio, poi, i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano hanno chiuso l’inchiesta, contestando, per l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, l’omicidio stradale sia a Bouzidi che al militare, che guidava l’ultima auto inseguitrice, per la morte, il 24 novembre, di Ramy Elgaml, che era in sella allo scooter guidato dall’amico inseguito per circa otto chilometri dalle auto del Radiomobile.

La nuova documentazione
Emerge ora che anche nelle 70 pagine, depositate ai magistrati un mese fa, di "integrazione alla relazione tecnica" il consulente della Procura, oltre ad evidenziare mano a mano la "debolezza tecnico-scientifica" delle consulenze della difesa di Fares e del legale della famiglia di Ramy, segnala che, invece, "l’elaborato" dell’esperto nominato dalla difesa del militare "condivide sostanzialmente tutte le valutazioni tecniche" della consulenza della Procura.
I pm, invece, nell’imputazione per il carabiniere, non seguendo quella consulenza del loro esperto (e nemmeno le integrazioni), hanno messo in luce il tema della distanza "inidonea", meno di 1,5 metri, tenuta dal militare, troppo vicino alla moto, prima del presunto urto in via Quaranta.