
La corona per Sergio Ramelli: il presidente del Senato Ignazio La Russa e il sindaco Giuseppe Sala alla commemorazione nei giardini di via Pinturicchio
Milano, 30 aprile 2025 – “Dedicare una via o una piazza a Sergio Ramelli come chiede Fratelli d’Italia? Io credo che sarebbe una buona cosa intitolare una via o una piazza ai giovani milanesi vittime incolpevoli del terrorismo efferato di quegli anni, da una parte e dall’altra. In generale. Ma so che è una proposta che non metterà d’accordo nessuno. Un’intitolazione da interpretare come un atto di pacificazione? Secondo me, sì. E sarebbe anche bello che il Consiglio comunale decidesse all’unanimità di perseguire questa via”.
Parole del sindaco Giuseppe Sala, al termine della cerimonia in ricordo di Sergio Ramelli ai giardini di via Pinturicchio dedicati proprio al 18enne militante del Fronte della Gioventù (l’organizzazione giovanile del Msi) che il 13 marzo 1975 venne aggredito sotto casa, in via Paladini, a colpi di chiave inglese da esponenti di Avanguardia operaia e morì dopo 47 giorni di agonia, il 29 aprile 1975.
Cinquant’anni dopo, le istituzioni cittadine e nazionali si sono ritrovate ai Giardini Ramelli per un momento di ricordo collettivo accompagnato dal suono di tre violini diretti da Alberto Veronesi. C’è il presidente del Senato Ignazio La Russa, davanti al cippo che ricorda il giovane ucciso, proprio di fianco a Sala. Presente anche la vicesindaco Anna Scavuzzo e lo stato maggiore milanese di FdI. Oltre a La Russa, l’europarlamentare Carlo Fidanza, la sottosegretaria Paola Frassinetti, i deputati Riccardo De Corato e Marco Osnato, il segretario cittadino Simone Orlandi e il capogruppo in Comune Riccardo Truppo. Due carabinieri in alta uniforme portano una corona di fiori dello Stato davanti alla targa “in memoria” di Ramelli, targa che recita “in nome di una pacificazione nazionale che accomuni in un’unica pietà tutte le vittime innocenti della nostra storia come monito alle generazioni future affinché simili fatti non debbano più accadere”.
Parole scritte nel 2005, quando il sindaco era Gabriele Albertini e il Comune era amministrato dal centrodestra. Vent’anni dopo, è lo stesso centrodestra a chiedere all’amministrazione targata centrosinistra di fare un ulteriore passo avanti sulla toponomastica cittadina in memoria di Ramelli. Ma Sala, prima di lanciare l’idea di “intitolare una via o una piazza ai giovani milanesi vittime incolpevoli del terrorismo” – idea su cui il Pd, con Beatrice Uguccioni, apre con cautela, ma che vede contrario il verde Carlo Monguzzi: “Fare di tutta l’erba un fascio è sbagliato” – rispedisce al mittente la proposta di FdI: “A Milano non ci sono molte nuove vie e piazze da intitolare. E non cadiamo nella strumentalizzazione. Il Comune di Milano è stato governato per 15 anni dal centrodestra e nessuno ha mai pensato a un’intitolazione per Ramelli. Non siamo noi, oggi, i cattivi”.
Il sindaco non crede di essere in torto neanche per non aver indossato la fascia tricolore durante la cerimonia per Ramelli: “Perché senza fascia? Non la metto neanche quando vado a commemorare Brasili e Fausto e Iaio, ma sono qui con il cuore. Ormai da nove anni credo di aver usato sempre dei toni giusti in queste occasioni”.
Quanto al corteo-fiaccolata dell’estrema destra, Sala, prima che la manifestazione che si è conclusa con i saluti romani e il presente davanti a casa Ramelli, sperava “che si mantenga una decenza, perché questo non è il momento per aumentare le tensioni. Probabilmente sarò deluso nella mia aspettativa”. Previsione azzeccata. “Vorrei che tutti cercassero di seguire l’esempio di noi istituzioni, che siamo qua con l’intento di abbassare i toni e di ricordare solo quel periodo – continuava il sindaco –. Ramelli era più o meno mio coetaneo – lui del 1956, io del 1958, la storia di quegli anni quindi la ricordo –. E la storia di quegli anni ci ha consegnato questa verità: Ramelli era un bravo ragazzo, ma è stato assassinato dall’estrema sinistra. I colpevoli sono stati identificati. Quest’anno cade anche il cinquantesimo anniversario della morte di Alberto Brasili, che era anche lui un bravo ragazzo. Aveva avuto la colpa di staccare un adesivo del Msi da un palo. Bisognerebbe ricordare tutti questi ragazzi senza colpa”.
La Russa, infine, ribatte così ai cronisti che tra il ricordo per Sergio Ramelli e quello successivo per Enrico Pedenovi (il consigliere provinciale del Msi ucciso un anno dopo il giovane da Prima Linea) lo incalzavano sui saluti romani dell’estrema destra: “Io non vado, qui saluti romani non ne avete visti, ci fossero ne risponderebbero e non mi pare che la magistratura l’abbia considerato un reato. Quello che importa è che il no alla violenza deve prevalere. Questa semplice cerimonia ha l’intento di offrire agli italiani un segnale di pacificazione e amore”.