Milano – Duemila in corteo da piazzale Gorini a via Amadeo, dopo essersi “inquadrati” come sempre in via Ponzio alle 21 in linee da cinque persone dietro lo striscione “Onore ai camerati caduti”. Tricolore in mano nelle prime file, fiaccole a chi sfila sui lati, una corona di fiori rossi in apertura. Poi la chiamata del presente in via Paladini e la risposta a braccia tese per ricordare Sergio Ramelli, il diciottenne militante del Fronte della Gioventù aggredito sotto casa a colpi di chiave inglese da esponenti di Avanguardia Operaia il 13 marzo 1975 e morto dopo 47 giorni di agonia.
Anche quest’anno è andato in scena il saluto romano di massa davanti al murale per Ramelli, al termine della manifestazione organizzata dai movimenti di estrema destra Lealtà-Azione, CasaPound, Forza Nuova e Rete dei patrioti. La marcia è stata preceduta alle 18 dalla messa nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo di viale Argonne. All’uscita, le poche decine di partecipanti si dirigono verso via Strambio, tradizionale ritrovo della parata neofascista, dove si aggiungeranno i circa duemila annunciati alla vigilia.

Chi c’era al raduno
Tra loro ci sono anche Gianluca Iannone, cinquantunenne storico leader romano di CasaPound, e Francesco Polacchi, trentottenne responsabile della casa editrice Altaforte e fondatore del marchio Pivert. Nonché Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova condannato in primo grado a 8 anni e 6 mesi per l’assalto alla Cgil capitolina (non un habitué del 29 aprile milanese), il suo vice Luca Castellini (capo ultrà dell’Hellas Verona, 8 anni e 2 mesi per il raid nella sede del sindacato il 9 ottobre 2021) e Daniel Biavaschi, che alle Comunali del 2011 si candidò nella lista di Forza Nuova e nel settembre 2022 perse la mano sinistra in un box di via Banfi armeggiando su un tavolo da lavoro con uno dei residuati bellici di cui era collezionista.
In testa allo spezzone della Rete dei Patrioti c’è ovviamente Ettore Sanzanni, che nel 2017, da segretario lodigiano di Forza Nuova, festeggiò il sessantesimo compleanno nel quartier generale di piazza Aspromonte con una torta con la svastica e la scritta nazista “Seig Heil”: è lui a dettare i tempi agli altri, con Stefano Del Miglio di L-A due passi più in là.

“Bella Ciao” interrompe il “presente”
A interrompere per alcuni secondi la meticolosa preparazione degli schieramenti per partiti e movimenti ci pensano prima l’eco di alcuni brani legati alla Resistenza dalle finestre di un appartamento e poi le urla di una residente.
I duemila imboccano via Aselli alle 21.13, con camionette della polizia davanti e dietro, auto dei vigili a chiudere il traffico e i funzionari di Digos e Nucleo informativo dei carabinieri a monitorare presenze ed equilibri interni alla galassia dell’estrema destra.
Alle 21.38, i militanti cominciano a camminare ordinati verso via Paladini, con le note di “Bella Ciao” che qualche inquilino di un palazzo vicino ha provocatoriamente alzato a tutto volume (e che alla fine si attirerà le urla “Esci fuori!”). Alle 22 precise il nome di Ramelli viene scandito per tre volte. E per tre volte la replica corale è sempre la stessa: “Presente”. A mezzo secolo dalla morte.

Chi era Sergio Ramelli
Sergio Ramelli era uno studente membro del Fronte della Gioventù – gruppo di destra radicale – ucciso il 29 aprile 1975. Fu aggredito a colpi di chiavi inglesi da un commando dell’organizzazione comunista Avanguardia Operaia e morì il 13 marzo in ospedale dopo oltre un mese di agonia.

È considerato una delle vittime degli Anni di Piombo, il periodo compreso tra gli anni Sessanta e Ottanta contraddistinto da un estremismo politico che produsse violenze di piazza, lotta armata e terrorismo, sia di destra che di sinistra. I responsabili dell’omicidio furono identificati dieci anni dopo l’aggressione e tra il 1987 e il 1990 furono processati e condannati in via definitiva per omicidio volontario.