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Perché i quattro minori che hanno travolto e ucciso Cecilia De Astis non saranno processati né condannati

Dopo la tragedia di Gratosoglio molti hanno chiesto pene esemplari, ma per il Codice Penale si presume che chi ha meno di 14 anni non è in grado di intendere e di volere: cosa succede quando un bambino commette un reato

Il luogo dell'incidente a Gratosoglio, dove Cecilia De Astis è stata travolta e uccisa

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Milano – Dopo che sono stati fermati i quattro minori indagati per aver ucciso Cecilia De Astis, la donna di 71 anni travolta da un’automobile (rubata poco prima) a Gratosoglio, molti hanno chiesto una pena esemplare per i responsabili, che sono peraltro fuggiti dopo l’investimento. Tutti e quattro – tra bambini e una bambini – hanno però meno di 14 anni e a quest’età, in Italia, nessuno non può essere processato né condannato. Questa regola, che può sembrare sorprendente a chi non conosce il diritto penale, è stabilita dall’articolo 97 del Codice Penale e rappresenta una scelta precisa del legislatore italiano per proteggere i minori.

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Il principio dell’imputabilità penale

L’imputabilità penale è la capacità di una persona di rispondere delle proprie azioni davanti alla legge. Come stabilisce l’articolo 85 del Codice Penale: “È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”. Per i minori di 14 anni, il legislatore ha stabilito una presunzione assoluta di non imputabilità, il che significa che la legge considera automaticamente che questi bambini non abbiano ancora sviluppato la maturità necessaria per comprendere appieno le conseguenze delle loro azioni.

La distinzione tra fasce d’età

Il sistema penale italiano divide i minori in due categorie principali: i minori di 14 anni, che sono completamente non imputabili secondo l’articolo 97 del Codice Penale; e i minori tra i 14 e i 18 anni, che sono potenzialmente imputabili secondo l’articolo 98, ma solo se il giudice accerta caso per caso che avevano “capacità di intendere e di volere” al momento del fatto. Questa distinzione riflette la consapevolezza che lo sviluppo psicologico e cognitivo dei bambini è un processo graduale che non si completa prima dell’adolescenza.

Le ragioni scientifiche e pedagogiche

La scelta dei 14 anni come soglia non è casuale. Vasti e numerosi studi di psicologia dello sviluppo e psichiatria clinica dimostrano che prima di questa età i bambini non hanno ancora sviluppato completamente: la capacità di comprendere le conseguenze a lungo termine delle proprie azioni; il controllo degli impulsi; la piena comprensione del significato sociale e morale dei propri comportamenti; la capacità di distinguere chiaramente tra giusto e sbagliato in situazioni complesse.

Cosa succede quando un minore di 14 anni commette un reato

Anche se non possono essere processati, i minori di 14 anni che commettono reati non rimangono completamente al di fuori del sistema giudiziario. Se il bambino viene ritenuto “socialmente pericoloso”, possono essere applicate delle misure di sicurezza, come la libertà vigilata o il ricovero in un istituto specializzato. Queste misure non sono pene, ma strumenti di protezione e recupero.

Inoltre, i genitori rimangono civilmente responsabili per i danni causati dai figli minori e possono essere chiamati a risarcire le vittime.

L’evoluzione storica della normativa

La soglia dei 14 anni non è sempre esistita nel diritto italiano. Il Codice Penale del Regno di Sardegna del 1859 considerava imputabili anche i quattordicenni, prevedendo un accertamento individuale per i minori di tale età. L’attuale sistema, introdotto con il Codice Rocco del 1930 e confermato dalle successive riforme, rappresenta in questo senso un’evoluzione verso una maggiore tutela dell’infanzia.

Cresce la criminalità minorile

Il fenomeno della criminalità giovanile, soprattutto nelle sue accezioni di gruppo (come le cosiddette “baby gang”), è notevolmente cresciuto nell’ultimo decennio. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, le segnalazioni di minorenni per reati in Italia sono passate dalle 28.196 del 2010 alle 32.522 del 2022, con un aumento del 39 per cento. Tuttavia, questi numeri riguardano principalmente minori tra i 14 e i 17 anni, dato che quelli sotto i 14 anni non entrano nelle statistiche penali ufficiali.

Una scelta di civiltà giuridica

La non imputabilità dei minori di 14 anni rappresenta una scelta che antepone la protezione e il recupero del minore alla punizione. Come sottolineano gli esperti di diritto minorile, l’obiettivo non è lasciare impuniti i comportamenti problematici, ma affrontarli con strumenti educativi e di sostegno più appropriati per l’età evolutiva.

Il sistema italiano, in linea con le convenzioni internazionali sui diritti dell’infanzia, riconosce che i bambini sono soggetti in formazione che meritano protezione e opportunità di crescita, anche quando commettono errori gravi.