
Christian Rosiello, 40 anni, è stato il bodyguard di Fedez (non indagato)
Milano, 1 agosto 2025 - "L'eco dell'esistenza del sodalizio criminoso" all'interno della tifoseria milanista "integra di per sé un fatto lesivo dell'immagine di A.C. Milan e Lnpa". È quanto scrive la giudice Ilaria Simi nelle motivazioni della sentenza del processo a carico di tre ultras rossoneri (Christian Rosiello, Riccardo Bonissi e Francesco Lucci) scaturito dalla maxi inchiesta della procura di Milano sulle curve di San Siro, per la quale sono stati condannati in un altro procedimento anche altri 16 tra cui i vertici delle due tifoserie. Al termine del processo in abbreviato, la giudice ha stabilito che i tre ultras, condannati a pene tra i 3 anni e 8 mesi e i 5 anni e mezzo, dovranno versare provvisionali da 40mila e 20mila euro rispettivamente per Milan e Lega di serie A, parti civili nel processo.
Pregiudizio alla reputazione del Milan
Per quanto riguarda il club rossonero in particolare, il fatto che "il sodalizio criminoso" abbia una "connotazione identitaria evidentemente riferibile alla squadra Milan determina un ineluttabile accostamento tra l'associazione per delinquere e la società A.C. Milan, con conseguente pregiudizio alla reputazione di quest'ultima". Un danno di immagine è stato riscontrato anche per la Lega di serie A: "Non v'è dubbio infatti - si legge - di come la sistematica violenza che ha animato l'attività del sodalizio criminale de quo abbia minato la percezione di sicurezza all'interno dello stadio, sicurezza che Lnpa, in prima persona, s'impegna a garantire, assicurando una corretta organizzazione delle attività di campionato". Inoltre "l'accertata esistenza di un'organizzazione criminale volta alla commissione di delitti a connotazione violenta" negli stadi di calcio "mina ineluttabilmente il prestigio dell'organizzazione sportiva".
Monopolio della tifoseria milanista
"Da molti anni, in modo stabile ed organizzato, la Curva aveva posto in essere, accanto ad attività di tifoseria lecita, un insieme di azioni illecite", all'interno di un "programma criminale indeterminato, finalizzato a mantenere, anche con condotte di estrema violenza, il monopolio della gestione della tifoseria milanista" scrive ancora la giudice Simi.
Ingenti introiti, non sempre ingenti
L’obiettivo dell’ex bodyguard di Fedez (l’artista non è indagato), di Christian Rosiello (4 anni e 20 giorni), di Francesco Lucci, fratello dell'ex capo ultrà milanista Luca (5 anni e 6 mesi), e Riccardo Bonissi (3 anni e mesi) era quello di "preservare il potere assoluto di questa associazione", senza dover "spartire con altri gli introiti correlati alla passione calcistica, introiti che non sempre - si legge nelle motivazioni - venivano realizzati in modo lecito e che sono risultati certamente ingenti".
Rosiello ex bodyguard di Fedez
Nella sentenza del processo scaturito dall'inchiesta coordinata dai pm Paolo Storari e Sara Ombra e condotta dagli agenti della Squadra Mobile e della Gdf per associazione per delinquere e diversi episodi di lesioni, percosse e aggressioni, si fa riferimento anche al presunto pestaggio ai danni del personal trainer Cristiano Iovino, alla quale avevano partecipato anche Fedez e il suo ex bodyguard Rosiello (entrambi i procedimenti sono poi stati archiviati) dopo una lite iniziata nella discoteca The Club. In merito al rapporto tra il rapper e l'ex capo ultrà Luca Lucci "emergono elementi (…) che rendono evidente come, approfittando del prestigio derivatogli dal fatto di essere capo assoluto della Curva, Lucci si prospettasse nuovi lucrativi affari".