NICOLA PALMA
Cronaca

“Amore, facciamo una cosa veloce”: la donna come esca e i 30 fendenti inferti su Hayati Aroyo. Il piano omicida minuto per minuto

Tre in cella per l’assassinio del 62enne turco, ucciso e bruciato a Sesto San Giovanni. La raffica di coltellate e il rogo per distruggere le tracce. Il rientro in auto a Busto e i messaggi all’alba: “Avevo paura di provare pietà, ma non l’ho provata...”

I rilievi della Polizia scientifica durante le indagini della Squadra mobile della Questura di Milano

I rilievi della Polizia scientifica durante le indagini della Squadra mobile della Questura di Milano

Milano – Sono le 1.06 del 23 luglio: la telecamera di un bar immortala il passaggio di una Peugeot 107. Al volante c’è un ragazzo che nulla sa di quello che sta per succedere: un’ora e mezza prima, ha accettato di dare un passaggio a tre conoscenti di Busto Arsizio, che con la promessa di pagargli la benzina si sono fatti accompagnare a Sesto San Giovanni per “andare a prendere alcune cose da un amico”. I passeggeri, invece, hanno bene in testa quello che vogliono fare, stando alle indagini: assassinare Hayati Aroyo, sessantaduenne turco che da tre giorni si è trasferito al piano rialzato di via Fogagnolo 130, a casa di uno studente della Bicocca partito per un mese di vacanza. La prima a entrare nel palazzo è la trentaseienne Valentina Peroni, con precedenti per truffa come il marito trentottenne Emanuele Paganini che farà da “palo”.

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I rilievi della polizia scientifica nell'appartamento

Il piano prevede che sia la donna a distrarre Aroyo (cognato di un boss della mala anatolica assassinato a Crotone il 31 gennaio 2005 davanti ai suoi occhi), per poi aprire la porta all’esecutore materiale Elvis Simoni, trentatreenne coinquilino albanese della coppia e legato a lei da un rapporto che va ben al di là di una semplice convivenza. Due giorni fa, il trio diabolico è finito in carcere con l’accusa di aver ucciso il turco con 30 coltellate e di averne bruciato il corpo per simulare un incendio e distruggere le tracce; a sferrare i fendenti e innescare il rogo sarebbe stato Simoni, non prima di aver portato via con Peroni tre carte di credito, tablet e cellulare (e forse pure un Rolex Datejust) del morto. “Conferma e ci sono”, scrive l’albanese alla donna all’1.21, chiedendole di spalancarle l’ingresso di casa. Lei non risponde subito, la situazione è complicata: il turco è infuriato col marito Emanuele per “non specificate questioni economiche”.

Simoni insiste: è il più risoluto dei tre, vuole far fuori a tutti i costi il sessantaduenne. Il motivo? È legato a un video hard in cui Peroni è in compagnia di un’altra persona: è stato girato durante uno dei festini ad alto tasso di cocaina che Aroyo organizzava abitualmente. Il trentatreenne è convinto che l’altro voglia diffonderlo (anche se del filmato non è stata ancora trovata traccia), e per questo ha deciso di punirlo. I minuti passano. All’1.43 e 53 secondi, Simoni, che nel frattempo è entrato nel condominio dal portone difettoso, dà istruzioni alla donna: “Aperto tranquilla. Apri l’altra ché sono qua. Sono dentro, inventati che devi andare in bagno”. Al silenzio della trentaseienne, lui reagisce così: “Amore, una cosa veloce per favore... dai che non abbiamo tutto il giorno...”. Poco dopo le 2, entra in scena pure Paganini, che chiama Aroyo per tenerlo impegnato.

Hayati Hayim Aroyo, ucciso a 62 anni a Sesto San Giovanni
Hayati Hayim Aroyo, ucciso a 62 anni a Sesto San Giovanni

Alle 2.08, Simoni è dentro, ricostruiranno gli investigatori della Squadra mobile coordinati dal pm Marco Giovanni Santini e guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia e dal funzionario Francesco Giustolisi: ha la barba folta e indossa un cappello nero, una canottiera rossa e un paio di pantaloncini neri. Il primo fendente è dritto al cuore, con gli altri 29 si accanisce sul sessantaduenne, per poi spostare il cadavere sul letto, cospargerlo di candeggina e dar fuoco. Alle 2.49, la Peugeot esce da Sesto e punta verso l’A8. Peroni si ferma prima e torna a casa con un autista di Uber. Paganini e Simoni scendono a Marnate e rientrano a Busto in taxi.

Alle 6, Peroni e Simoni si scrivono su Whatsapp. Lei esterna l’assenza di “emozioni” durante il delitto: “Sono tanto debole quanto troppo forte... avevo paura di provare pietà, ma non l’ho provata... quando guardavo era per vedere se provavo qualcosa, ma nulla...”, la frase che spalanca lo sguardo sull’abisso. La sera dopo, la donna si reca in una sala slot ed effettua due pagamenti con una delle card rubate al morto: i tatuaggi su gambe e braccia la identificano senza troppi dubbi mentre si incammina verso le macchinette. Nei giorni successivi, la vita dei tre riparte, tra l’impellente bisogno di reperire coca (prima garantita dalla frequentazione tra Peroni e Aroyo) e la paura di essere scoperti. Fino a giovedì.