Milano, 12 maggio 2025 – “Pronto mamma, ho fatto una ca... Perdonatemi”. Sono da poco passate le 17 di venerdì. Emanuele De Maria è appena uscito dal Parco Nord e si sta dirigendo verso il capolinea della linea lilla a Bignami, al confine tra Milano e Cinisello Balsamo. In quel momento, Chamila Dona Arachchilage Wijesuriya è già morta, nascosta tra gli alberi. L’ha uccisa perché aveva deciso di interrompere la loro relazione, dicono i primi accertamenti investigativi che dovranno trovare riscontri nell’analisi approfondita del cellulare della donna.

Il trentacinquenne napoletano usa proprio quello smartphone per chiamare prima la madre e poi la cognata: il fatto che entrambi i numeri siano memorizzati nella rubrica della cinquantenne cingalese fanno pensare agli inquirenti che tra i due ci fosse un legame che andava ben al di là delle ore trascorse insieme all’hotel Berna.

Il telefono gettato
Dopo aver avvisato i parenti, De Maria si disfa del telefono – che verrà ritrovato da un addetto alle pulizie del metrò e consegnato al figlio della vittima – e sale su un treno della M5 al capolinea Bignami. Al momento non si sa né dove sia sceso né cosa abbia fatto fino alle 6.20 di sabato, quando ricompare in via Napo Torriani, appostato con una lama: appena vede arrivare il collega Hani F.A., lo insegue e gli sferra cinque coltellate, accusandolo di aver intralciato in qualche modo il suo rapporto con Chamila.

Furia omicida, 9 anni dopo
Poi un altro lungo blackout negli spostamenti in città: poliziotti e carabinieri che gli danno la caccia ipotizzano che abbia cercato di espatriare in direzione Germania, come già fatto nel 2016 dopo aver ucciso una ventitreenne tunisina a Castel Volturno. E invece De Maria non se ne va, nonostante non abbia appoggi nella metropoli: con sé ha la borsa della cinquantenne, dalla quale probabilmente prende i soldi per comprare una maglietta di ricambio e acquistare il biglietto per visitare le Terrazze del Duomo. Alle 13.40 il volo dalla cima della Cattedrale. Il detenuto in fuga da Bollate non potrà mai spiegare cosa abbia innescato per la seconda volta in nove anni la furia omicida, rinunciando nella maniera più tragica alla seconda occasione che gli era stata data un anno e mezzo fa. Sì, perché il 29 novembre 2023 è stato ammesso al lavoro esterno nella struttura ricettiva a due passi dalla Stazione Centrale.

Il contratto full time
Poco meno di un anno dopo, dal penitenziario di Bollate – che gestisce circa 200 reclusi nelle stesse condizioni e 40 in semilibertà – era arrivato l’ok alla proposta dei vertici dell’albergo di trasformare il rapporto professionale con De Maria in un contratto full time a tempo indeterminato. Nel documento che ha autorizzato la modifica, si legge nelle premesse che la decisione è stata motivata dalle “attuali risultanze dell’attività di osservazione della personalità” del trentacinquenne, dall’ambiente “particolarmente adatto al soggetto” e dal fatto che il detenuto “ha dato prova di affidabilità e che la proposta lavorativa pare adatta alla prosecuzione del percorso trattamentale in atto”.
"Lavoro con passione”
Tradotto: De Maria si è sempre comportato da dipendente-modello. Tanto che, non più tardi di sei mesi fa, la sua storia è stata raccontata dalla trasmissione tv “Confessione Reporter” come esempio virtuoso di reinserimento nella società, in vista del fine pena fissato al 26 gennaio 2031. “Il lavoro che svolgo non oserei neanche definirlo come un lavoro, tanto lo faccio con passione”, aveva detto il diretto interessato davanti alle telecamere, parlando del primo periodo “da dimenticato” in una cella di Secondigliano e del totale cambiamento di prospettiva generato dal trasferimento a Bollate, luogo che “dà fiducia e autostima”. Tutto cancellato in 48 ore. Dal femminicidio di Chamila al tentato omicidio del collega e al suicidio in Duomo.