“Marta è morta dopo avere lottato per 40 giorni in terapia intensiva. In quelle stesse ore entrava in reparto un altro ragazzino, vittima di un incidente in moto. Servono risorse per poter dare agli altri tutte quelle cure che ha avuto mia figlia, anche se non è finita come avremmo sperato. Per questo motivo abbiamo lanciato una raccolta fondi che sta facendo miracoli: perché tutto questo dolore sia utile a qualcuno".
Una corsa a donare per ricordare Marta Roncoroni, morta mercoledì scorso a 15 anni. Una sera, all’improvviso, si è sentita male dopo un allenamento di ginnastica. La corsa nella notte all’ospedale San Gerardo di Monza si è conclusa con un verdetto tremendo: emorragia cerebrale dovuta a un tumore maligno. Quella ragazzina bionda e con gli occhi azzurri che frequentava il liceo artistico e amava lo sport si è arresa solo all’ultimo.
In suo nome, e, come spiega il papà Giovanni, per tutti quelli che varcheranno la soglia del reparto di terapia intensiva neurochirurgica del San Gerardo, la famiglia ha lanciato una raccolta di fondi. L’iniziativa attraverso la piattaforma “gofundme“ ha già prodotto un piccolo miracolo: in un solo giorno, ora dopo ora sono stati raccolti più di 80mila euro.
Signor Giovanni, da dove arriva tutto questo coraggio?
"In mezzo alla tragedia stiamo cercando di provare a immaginare qualcosa che sia utile agli altri. Abbiamo vissuto 40 giorni in questo reparto. I nostri datori di lavoro ci hanno consentito di restare lì e ci siamo sentiti come in una seconda famiglia. Abbiamo ricevuto tantissimo e abbiamo capito quanto dipendiamo dagli altri, non si vince mai da soli".
Una prova terribile e un grande insegnamento.
"Sì, la terapia intensiva è un reparto estremo, qualcosa di complesso, che ha a che fare con la coscienza, l’anima, l’essenza di un individuo. Già un reparto che si chiama Rianimazione dice una cosa enorme. Quando ci stai per 40 giorni ti accorgi della grande quantità di risorse dedicate ai pazienti ogni giorno. Mia figlia ogni giorno costava svariate migliaia di euro. E allora ringrazi il cielo di vivere in Italia".
La famosa sanità pubblica...
"Se fossimo stati in America, anche con un’assicurazione sanitaria mia figlia non avrebbe potuto passare 40 giorni a lottare. Lei ha subito due interventi alle 3 di notte e uno la domenica. In Usa l’ospedale chiama prima l’assicurazione, da noi nessuno ha avuto alcun dubbio a tirare giù dal letto i chirurghi. Per 40 giorni trenta persone si sono avvicendate per curare mia figlia, pensando solo alla sua salute. E ci sono tanti medici bravi che hanno scelto di non andare all’estero e di restare qui. Ci sono solo quattro reparti così in Lombardia, a Monza ci sono 7 letti sempre pieni, costano un sacco di soldi, eppure chi arriva viene accolto e curato: non conta chi è e cosa ha fatto, perché la nostra Sanità è molto meglio di quanto siamo noi".
E poi c’è il fattore umano.
"Gli infermieri fanno di tutto, con turni di 12 ore. Quando fanno il turno di notte le luci si spengono per un’ora solo alle 5 del mattino. Soltanto allora buttano giù un materassino tra un letto e l’altro, dormono in terra, pronti a scattare al primo allarme. L’11 dicembre Marta ha avuto una festa di compleanno bellissima in terapia intensiva, le hanno anche cantato una canzone".
La raccolta fondi sta superando ogni aspettativa, dove volete arrivare?
"Continuiamo ad alzare l’asticella. Siamo passati da un obiettivo di 50mila euro a 75mila, ora a 100mila. E le iniziative continueranno. Davanti a queste tragedie molti si chiudono nel pianto e non pensano a questa opportunità: tirare fuori qualcosa di buono da questo dolore".
Com’era Marta?
"Marta era per noi e per le sue amiche una forza della natura. Lasciamo che da questa forza esca qualcosa di buono. Le infermiere l’hanno vestita con la maglietta del pianeta Marte, dell’Agenzia spaziale europea. Era una delle ultime che avevamo comprato insieme. Ora l’indossa per il suo ultimo viaggio: speriamo che lei Marte lo veda".