Partorire in casa a 16 anni per poi abbandonare sul balcone il corpicino del neonato avvolto in un asciugamano non è accettabile. Così come non è accettabile limitarsi a giudicare l’insano gesto, incolpando una famiglia poco presente e attenta ai bisogni di salute di una minorenne". Con queste parole, Nadia Rovelli, presidente dell’Ordine della professione di ostetrica interprovinciale di Bergamo, Cremona, Como, Lecco, Lodi, Milano, Monza Brianza e Sondrio, commenta il tragico fatto accaduto la settimana scorsa a Sesto San Giovanni.
"Purtroppo – incalza Silvia Vaccari, presidente della Fnopo, la Federazione nazionale degli ordini della professione ostetrica – non è la prima volta che accade una tragedia simile. In questo caso è toccato alla periferia di Milano, ma la carenza di assistenza e cura alle donne, sia gravide che non, è un dato di fatto su tutto il territorio nazionale. Esistono certamente eccezioni e modelli virtuosi, ma come rappresentante delle 22mila ostetriche/i italiane posso senza dubbio affermare che sarebbe necessario incrementare la presenza della nostra figura professionale nella rete territoriale di assistenza e cura, nei consultori, nelle case di comunità e anche a domicilio, attraverso l’homevisiting".
Il tragico evento accaduto a Sesto offre un esempio concreto di quanto sostenuto dalla presidente della Fnopo: "Le donne, specialmente nelle realtà periferiche e provinciali dove il Servizio sanitario nazionale è particolarmente assente, sono spesso abbandonate a se stesse – aggiunge Rovelli –. Non è accettabile che a sette anni dall’emanazione di una delibera in Regione Lombardia volta a tutelare la salute della donna e della vita nascente, ci siano donne gravide, ancor più se minorenni, che non conoscono o non possono usufruire dei servizi alla maternità e si sentono abbandonate in quanto non conoscono il diritto di avere accesso a cure e assistenza gratuita. Tale delibera stabilisce che ogni donna residente in Lombardia ha diritto ad avere un’ostetrica/o di riferimento all’interno di una rete di servizi alla maternità e cura dedicati, sia a domicilio che nei consultori familiari e punti nascita. Tuttavia – aggiunge Rovelli – a distanza di sette anni, mi rincresce dover constare che tale delibera non è stata recepita da tutte le Asst lombarde".
"La carenza dei servizi alla maternità gratuiti e a libero accesso obbliga le donne a ricorrere al privato, per chi può permetterselo, o a figure non professionali. In conclusione, leggi e delibere soprattutto in Lombardia sono all’avanguardia. Ciò che manca è passare dalla teoria alla pratica. E in fretta. Prima che un’altra minorenne o donna sia lasciata sola e debba essere vittima di un’esperienza così drammatica, che segnerà la sua esistenza per sempre, e un altro neonato paghi con la vita".