
I controlli sono stati condotti dai carabinieri del nucleo tutela lavoro (Archivio)
Milano, 20 maggio 2025 – Avrebbe tenuto in condizioni quasi di schiavitù dieci connazionali, costringendoli a turni di lavoro massacranti con retribuzioni sotto il livello della dignità. Un cittadino cinese è stato arrestato dai carabinieri del nucleo operativo del gruppo per la tutela del lavoro di Milano.
L’uomo sarebbe amministratore di fatto di un’azienda di confezionamento di abiti e altro abbigliamento, con sede nell’hinterland milanese. L’accusa nei suoi confronti è caporalato.
L'uomo avrebbe sottoposto a sfruttamento dieci connazionali, sei dei quali impiegati in nero e cinque privi di permesso di soggiorno. Secondo quanto emerso dalle indagini, le condizioni di lavoro all'interno dello stabilimento erano irregolari: orari estenuanti fino a 90 ore settimanali, retribuzioni di 4 euro l'ora, assenza di riposi settimanali, ambienti insalubri, gravi carenze in materia di sicurezza, formazione e sorveglianza sanitaria. I lavoratori vivevano inoltre in alloggi abusivi allestiti nello stesso capannone, trasformato di fatto in una fabbrica-dormitorio con condizioni igieniche precarie.
Il gesto coraggioso
Il controllo è stato avviato dopo la denuncia di un operaio, vittima di vessazioni e di un'aggressione da parte del datore di lavoro a seguito della richiesta di 10 mila euro di arretrati, che gli ha causato lesioni con una prognosi di 45 giorni.
Le dichiarazioni dei lavoratori hanno permesso di individuare come reale datore di lavoro l'uomo arrestato, che risultava formalmente dipendente e aveva intestato la società al figlio. Durante il blitz, due lavoratrici irregolari si erano nascoste nel vano montacarichi sul tetto dell'edificio, seguendo le istruzioni del datore. L'uomo è stato arrestato in flagranza con l’accusa di caporalato.
Le autorità hanno disposto la sospensione dell'attività imprenditoriale e comminato sanzioni per un totale di oltre 134 mila euro. Il procedimento penale si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari, fanno sapere gli autori dell’inchiesta, e la responsabilità dell'indagato sarà accertata solo con sentenza definitiva.