
I rilievi nel luogo dell'incidente e, nel riquadro, Mahmoud Mohamed
Milano, 22 maggio – A marzo era stato multato per guida senza patente in provincia di Bergamo, lì dove la madre risulta avere ancora la residenza e dove la sorella maggiore abita col marito italiano. Probabilmente, è stato quel precedente verbale a spingere Mahmoud "Momo" Mohamed, nato il 28 giugno di 21 anni fa in Libia e in Italia dal 2016 per ricongiungersi con mamma Malika, a spingerlo ad accelerare dopo aver incrociato una Volante della polizia in viale Ortles.
Non poteva sapere che di lì a meno di un chilometro si sarebbe schiantato contro lo spartitraffico semaforizzato all’angolo tra via Cassano d’Adda e via Marco d’Agrate, rovinando a terra. Un impatto che non gli ha lasciato scampo: la corsa in ambulanza si è rivelata vana. Un impatto che ha ricordato drammaticamente quello costato la vita all’amico Ramy Elgaml, il diciannovenne egiziano deceduto lo scorso 24 novembre a 850 metri di distanza, all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, dopo una fuga di otto chilometri iniziata in viale Monte Grappa con un alt dei carabinieri ignorato dal conducente Fares Bouzidi.
Momo e Ramy erano amici
Momo e Ramy erano amici: una foto in bianco e nero circolata sui siti d’area antagonista li ritrae insieme da bambini o poco più. E un’altra istantanea compare sul profilo Facebook del ventenne libico: lo scatto postato il 24 febbraio 2020, a meno di due settimane dall’inizio del lockdown per Covid, li immortala insieme ad altri tre amici, davanti a un planisfero appeso al muro di quella che sembra l’aula di una scuola. Tute acetate, sguardo da duri e dita aperte in segno di vittoria a favor di smartphone. Anche nella morte, i due, cresciuti negli stessi palazzi popolari del Corvetto (tra via Mompiani e via Pomposa), hanno condiviso lo stesso tragico destino.
I punti di contatto, però, si esauriscono al veicolo su cui viaggiavano, a distanza di sei mesi l’uno dall’altro: uno Yamaha TMax. Il resto della storia è diverso, stando a quanto emerso già nelle prime ore dagli accertamenti degli agenti della polizia locale, guidati dal comandante Gianluca Mirabelli.
La ricostruzione dell’incidente
La ricostruzione ci riporta alle 3.25 di ieri. Lo scooterone guidato da Mohamed, che gli sarebbe stato prestato da un amico venticinquenne per fare un giro, sta percorrendo viale Ortles quando incrocia casualmente la traiettoria di un equipaggio dell’Ufficio prevenzione generale della Questura. Il ventenne, forse preoccupato dalla prospettiva di essere controllato e sanzionato per la seconda volta in due mesi, sterza poco dopo a sinistra in via Cassano d’Adda e si dirige verso via Marco d’Agrate: casa sua è a due passi. La Volante lo segue, ma non aziona la sirena né i lampeggianti.
Non è un inseguimento, anche perché al motociclista non è mai stato intimato di fermarsi. Gli agenti non fanno in tempo, visto che in fondo alla strada probabilmente resa sbanda dalla pioggia il TMax scivola e si schianta contro lo spartitraffico: il veicolo e il conducente vengono proiettati in avanti al centro di via d’Agrate. Quando viene soccorso dai sanitari di Areu, Momo è già in condizioni disperate: muore all’Humanitas di Rozzano poco dopo il ricovero.
I ghisa, intervenuti per i rilievi sul luogo dell’incidente, individuano una telecamera sul marciapiedi opposto, in corrispondenza di una macelleria, che ha ripreso l’arrivo dei due veicoli. Alle 3.27 (anche se l’orario del video segna in maniera errata le 2.27), spunta all’improvviso nell’inquadratura la moto: i fotogrammi ripresi dall’occhio elettronico mostrano le scintille dell’attrito generato dalla strisciata del TMax sull’asfalto. Dieci secondi dopo, ecco l’auto della polizia, a velocità non elevata e con i lampeggianti non attivati. Frame che non fanno che confermare l’ipotesi di dinamica della prima ora. In ogni caso, la pm di turno Giorgia Villa ha disposto l’autopsia e il sequestro dei due veicoli, in vista dell’apertura di un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo contro ignoti per svolgere tutti gli accertamenti del caso.