NICOLA PALMA E MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Momo, vita spezzata a 20 anni: l’urlo disperato della madre e il ricordo degli amici. “Colpiva la sua grande bontà”

Mahmoud Mohamed, morto al Corvetto dopo lo schianto in moto contro il semaforo, lascia mamma e sorella maggiore. La testimonianza della vicina di casa

Momo, vita spezzata a 20 anni: l’urlo disperato della madre e il ricordo degli amici. “Colpiva la sua grande bontà”

Milano – “Urlava ‘mio figlio, mio figlio’. Ha attraversato il cortile in un lampo, poi è sparita”. Il racconto è di una vicina di casa che ieri all’alba ha sentito Malika, la madre di Mahmoud Mohamed, gridare dopo aver saputo dell’incidente. Poi l’ha vista correre via, per raggiungere il figlio in fin di vita dopo lo schianto contro il semaforo in via Cassano d’Adda, tra i quartieri di Brenta e Corvetto. “Sto soffrendo – dice la vicina – per questa vita spezzata così presto”.

Fiori in via Cassano dove è morto il 20enne Momo
Fiori in via Cassano dove è morto il 20enne Momo

Quella del ventenne, detto “Momo” o anche “Zanza" o “Moha le vrai“, in francese, che si traduce come Moha il vero. Avrebbe compiuto 21 anni il prossimo 28 giugno. Erano le 3.27 quando il ventenne si è schiantato; poi è stato accompagnato all’Humanitas in condizioni disperate. E purtroppo non ce l’ha fatta.

Chi era

Di origine libica, Mahmoud era regolare in Italia, con piccoli precedenti per spaccio di droga. Residente a Brembate (Bergamo) viveva al Corvetto insieme alla madre in un alloggio popolare di via Pomposa, a un chilometro dal luogo della disgrazia. “Qui – sottolineano i vicini – è sempre stato rispettoso. Abitava qui da alcuni anni, arrivato quando era ancora un ragazzino”. Alloggiava al primo piano di una delle palazzine affacciate su un cortile semplice, dove i bambini si ritrovano a giocare; in uno spazio comune resistono i fili per stendere i panni: ieri, una donna ha appeso della biancheria, approfittando del sole del primo pomeriggio. Fuori dalla porta di casa non ci sono targhe, nessun nome. Ma tutti gli inquilini incrociati conoscono la madre e il figlio e si dicono addolorati per l’accaduto. E, guardando i post pubblicati su Facebook, si capisce quanto il ragazzo fosse legato al caseggiato e al quartiere: aveva postato immagini in cui si trovava in piedi in cortile, oppure seduto nell’atrio di fronte alla portineria insieme a un amico. Si sentiva a casa, anche all’aperto. In un’altra è in un parchetto vicino.  Aveva frequentato dei corsi di formazione professionale, dice chi lo conosceva, “ora lavorava, stava cercando di costruirsi un futuro”.

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I rilievi della polizia locale dopo l'incidente in moto

Famiglia e amici

Lascia la madre, una sorella più grande e tanti amici. “Io sono uno di loro – fa sapere un giovane, residente nel quartiere –. Ci eravamo visti sabato, l’ultima volta, per andare in un locale in zona Porta Romana. Sapevo che non aveva la patente ma il TMax lo sapeva guidare. Anche io ho imparato, qui ci insegniamo a vicenda”, sottolinea. Lasciando intendere che mettersi in sella a uno scooterone e scorrazzare per le strade sia tra i desideri dei ragazzi del Corvetto. “Lo vedevo come un fratello maggiore perché aveva un paio d’anni in più di me. Se dovessi descriverlo, direi che era un bravo ragazzo. La sua bontà era la prima cosa che colpiva”. Quanto all’incidente, “io penso si sia allontanato per evitare i controlli dato che non aveva la patente. Mi mancherà tantissimo”.