SIMONA BALLATORE
Cronaca

Le distinzioni da superare: "Ora gemellaggi tra le scuole. Anche la periferia va riscoperta

Il pedagogista Mantegazza: "Fare emergere la cultura nei quartieri e rendere i ragazzi protagonisti. Pure i ragazzi del centro esplorino la città: c’è una deprivazione di esperienza. Allarghiamo lo sguardo".

Raffaele Mantegazza, pedagogista e professore dell’università di Milano-Bicocca

Raffaele Mantegazza, pedagogista e professore dell’università di Milano-Bicocca

"Ogni scuola del centro di Milano dovrebbe gemellarsi a una scuola di periferia e viceversa creando incontri, visite, “gite“: così si conosce davvero il mondo e si allarga la visuale anche degli adulti". Raffaele Mantegazza, pedagogista e professore dell’università di Milano-Bicocca, inquadra così la sfida educativa.

Si sente ancora questo divario forte tra centro e periferia tra i bambini? Si sentono parte della città?

"Il tema delle periferie è enorme. Si era posto già negli anni Sessanta. Il primo lavoro da fare, anche nel nostro modo modo di ragionare, è eliminare questa distinzione tra centro e periferia. Metterle più in relazione, pensando anche in un’ottica di città metropolitana".

Come?

"Dobbiamo portare i bambini delle periferie non solo a visitare il centro, ma le periferie stesse, facendo emergere i tanti elementi di cultura già presenti. Ci sono tanti ragazzi che suonano nelle band, artisti, street art: va cambiata la narrazione. La periferia è ricca di storie che anche i bambini del centro dovrebbero scoprire. Non dimentichiamo che ci sono ragazzi di famiglie ricchissime che si muovono in taxi e non prendono il metrò a 15 anni: una deprivazione non economica, ma di esperienza".

Come sviluppare il senso di appartenenza alla città?

"Ascoltandoli, invitandoli a essere protagonisti anche con i loro linguaggi. Non con interventi paternalistici. Penso per esempio ai musei: l’accesso alla cultura è garantito come diritto, ma a volte manca il coinvolgimento dei giovani. Sarebbe interessante non solo invitarli, ma lavorare con le scuole e coinvolgerli nella costruzione di un evento culturale. In anticipo. Prima di un concerto, una conferenza o dell’inaugurazione di un mostra dovrebbe essere sempre presente una classe delle elementari, delle medie, delle superiori in modo che lavori sul tema prima di apprezzarlo. Non solo si appassioneranno, porteranno anche i genitori".

In fase di iscrizioni a scuola si nota ancora la fuga delle famiglie italiane verso il centro. In un contesto di calo demografico si rischiano di perdere anche presidi educativi importanti. Come invertire la rotta?

"Il problema ha avuto inizio con la fine dei “bacini“: il fatto che le famiglie possano iscriversi dove vogliono è per certi versi discutibile. In alcune zone si sono create classi mono-etniche di italiani, in altre classi con il 90-95% di stranieri. Ora serve un confronto e un incontro tra queste realtà, apriamo le classi. La scuola deve avere il coraggio di andare in controtendenza, ripartendo dalla Costituzione. C’è un tema fondamentale ancora da affrontare: abbiamo una percentuale di ragazzi di origine straniera troppo bassa nelle nostre università. Li si invita ancora ad andare nelle scuole più professionali anziché al liceo, c’è ancora questo divario tra indirizzi e tra lavoro e università".

Come superarlo?

"I ragazzi hanno bisogno di sentire che si ha fiducia in loro. Servono insegnanti e adulti che li sappiano motivare. Purtroppo spesso c’è un’auto-svalutazione nelle nuove generazioni, “tanto non siamo capaci“. Non è così. Le scuole devono fare un lavoro importante per orientarli".