
Nel 2024 la compagnia low cost britannica ha fatturato 8 miliardi di sterline
Ormai è una tendenza giurisprudenziale ampiamente consolidata, in linea con i pronunciamenti concordanti della Corte di giustizia europea. I verdetti parlano chiaro: i lavoratori hanno diritto a conservare nella busta paga alcune indennità anche quando vanno in ferie; in caso contrario, la decurtazione dello stipendio potrebbe diventare un disincentivo a beneficiare del meritato riposo, per timore di non incassare abbastanza.
Dopo i macchinisti di Trenord e gli agenti della polizia locale di stanza in piazza Beccaria, ora tocca a 33 ex piloti con base a Malpensa di EasyJet Italia, filiale nostrana della compagnia aerea low cost britannica da 8 miliardi di sterline di fatturato nel 2024. Stando a quanto emerge da una sentenza della Cassazione pubblicata nei giorni scorsi, il 2 luglio 2019 i giudici della Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma del verdetto di primo grado del Tribunale di Busto Arsizio, hanno accertato la nullità dell’articolo 17 del contratto nazionale dei piloti EasyJet nella parte in cui non ha previsto "l’inclusione nella retribuzione da corrispondere durante le ferie" le seguenti indennità: tratta, volo straordinaria Loyalty Bonus, volo per i volontari sul turno flessibile, riserva in aeroporto e in hotel, integrativa volo comandante istruttore, soste notturne fuori base, pilota con incarico di esaminatore e/o istruttore per attività di addestramento a terra.
Di conseguenza, è stato dichiarato il diritto dei lavoratori, all’epoca assunti con contratto a tempo indeterminato, di percepire "per ciascun giorno di ferie una retribuzione comprensiva" delle voci variabili, "calcolata sulla media dei compensi percepiti nei dodici mesi precedenti la fruizione delle ferie".
Nel ricorso in Cassazione, i legali di EasyJet hanno contestato la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 17 del contratto, nonché di una direttiva comunitaria adottata in Italia nel 2005. E ancora: per la compagnia aerea, i giudici di secondo grado avrebbero "erroneamente" incluso le indennità nel conteggio della retribuzione delle ferie, non considerando che si tratta di "un coacervo di attribuzioni assai ampio ed eterogeneo, avendo per taluni aspetti carattere risarcitorio ed essendo escluse dalla base imponibile e, dunque, esenti da contributi e non computabili ai fini di vari istituti legali".
Una linea bocciata in toto dalla Suprema Corte. Gli ermellini non hanno fatto che ribadire un concetto già emerso in precedenti sentenze: "La retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali comprende qualsiasi importo pecunario che si pone in collegamento con l’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore, in modo da evitare che il prestatore sia indotto a rinunciare al riposo annuale allo scopo di non subire decurtazioni nel trattamento retributivo". Decurtazioni che nel caso dei piloti raggiungeva una percentuale tutt’altro che trascurabile del 30%. Ora tutti gli arretrati dovranno essere versati dalla compagnia aerea, condannata anche a pagare 15mila euro di spese legali.