di NicolaPalmaQuel dipinto non si muove dall’Italia. La decisione dell’Ufficio esportazione della Soprintendenza archelogia, belle arti e paesaggio di Milano è stata ora vidimata dai giudici del Tar: l’olio su tela "Ritratto di Giuseppe Cristiano Gabaleone, Conte di Salmour" dell’artista francese Jacques Sablet non andrà in Francia. La storia giudiziaria che ruota attorno all’opera, datata 1791 e rimasta per 200 anni a casa degli eredi del nobiluomo, inizia l’11 novembre 2022, quando la casa d’aste "Il Ponte" richiede il rilascio dell’attestato di libera circolazione per conto della Société Baugin-Galerie Eric Coatalem. I tecnici del Ministero dicono di no, sulla base di un parere di eccezionale interesse emesso dalla Soprintendenza per la Città metropolitana di Torino. I proprietari transalpini non si rassegnano e rispondono con alcune osservazioni, ma l’amministrazione conferma lo stop il 14 maggio 2023. Di più: dà inizio al procedimento di dichiarazione di interesse culturale dell’opera. La Société Baguin presenta un ricorso gerarchico contro la decisione e in prima battuta vince: manca il parere obbligatorio del Comitato tecnico-scientifico per le Belle arti.A quel punto, la Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio del Ministero colma la lacuna e blinda definitivamente il dipinto. Parte la battaglia legale davanti al Tribunale amministrativo: i proprietari sostengono che quello ritratto non sia il Conte di Salmour e che in ogni caso il collegamento tra l’opera e il contesto culturale italiano sia "insussistente". La prima questione è certamente centrale, dirimente per il Tar. Il collegio presieduto da Marco Bignami parte dalla biografia di Gabaleone, "nobiluomo piemontese dalla doppia naturalità (sarda e sassone), vissuto tra il XVIII e il XIX secolo, esponente di una famiglia inserita nell’establishment sabaudo fin dal XVII secolo". Di più: il conte ha ricoperto "diverse cariche di prestigio, tra cui quella di ciambellano e ministro plenipotenziario di Sassonia in Francia", per poi diventare, sotto il regime napoleonico, "Cavaliere dell’Impero francese, deputato del Dipartimento del Po al corpo legislativo e barone dell’Impero francese". Fatta questa premessa, il Tar valorizza la deduzione della Soprintendenza, che ha fatto risalire la corrispondenza tra il personaggio storico e l’uomo raffigurato alla "targa apposta sul retro del dipinto circa un secolo dopo la sua realizzazione".Un elemento che sembra levare qualsiasi dubbio, nonostante le obiezioni della controparte sull’onorificenza sul risvolto della giacca, non riconducibile "ad alcuno degli ordini di appartenenza del Conte", e sulla presunta assenza di segni grafici "in grado di garantire la riconducibilità dell’uomo rappresentato alla casata nobiliare dei Salmour". Del resto, notano i giudici, "la stessa casa d’aste, in una scheda tecnica di catalogo redatta dallo storico Alessandro Morandotti, considera “apparentemente” vera la corrispondenza tra l’effigiato e il conte". Una conclusione che se ne porta dietro un’altra, la più importante: "Risultano manifestamente infondate le censure relative al riconoscimento della qualità artistica del dipinto, della sua rarità, della rilevanza della rappresentazione, della testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo e della testimonianza rilevante sotto il profilo storico e artistico di produzioni significative tra diverse aree culturali, anche di produzione straniera".
CronacaIl dipinto non va in Francia: "Quello ritratto è davvero il Conte di Salmour". Stop all’esportazione