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"Le foto possono celare messaggi criptici". Il boss Peppe ’o Pazz non le potrà vedere

A fine 2024 il camorrista ha ricevuto un plico dal fratello, ma due istantanee non sono state consegnate. Il motivo: ritraggono persone con sfondi modificati, che mostrano località riconoscibili solo dal detenuto.

Giuseppe Gallo alias «Peppe o’ Pazz», nativo di Castellammare di Stabia

Giuseppe Gallo alias «Peppe o’ Pazz», nativo di Castellammare di Stabia

Per anni si è spacciato per schizofrenico, riuscendo a dribblare processi e carcere e incassando un assegno di invalidità di circa 700 euro al mese. Poi, però, le indagini hanno svelato che la malattia era una messinscena, ma la scoperta non è bastata a far tramontare il soprannome di "Peppe o’ Pazz". Stiamo parlando di Giuseppe Gallo, classe ’76 di Castellammare di Stabia, lo storico boss di Boscotrecase che ha ereditato dal padre la guida del clan camorristico Vangone-Limelli e che era considerato dagli inquirenti uno dei più influenti broker della cocaina.

A fine 2019, il camorrista, condannato per traffico internazionale di stupefacenti e per un duplice omicidio del 2007, è stato sorpreso dagli agenti della polizia penitenziaria con tre smartphone nella sezione dedicata ai reclusi al 41-bis del carcere di Parma. Da lì il trasferimento immediato nel penitenziario di Opera, dove si trova ancora oggi recluso. Ed è proprio lì che alla fine del 2024 il quarantottenne ha ricevuto un plico inviato dal fratello Andrea, a sua volta dietro le sbarre: gli è stato consegnato tutto il contenuto, eccezion fatta per due fotografie.

Il motivo? Per il Tribunale di sorveglianza, "ritraggono delle persone, ma con sfondi modificati, ritraenti paesaggi e monumenti in grado di richiamare alla memoria precise e ben note località, e quindi in grado di veicolare messaggi criptici sfruttando immagini evocative di luoghi scollegate dal contesto carcerario, in cui si trova anche il mittente, e dal luogo reale in cui le foto sono state scattate". Tradotto: quelle istantanee potrebbero contenere indicazioni che solo il destinatario può riconoscere e che potrebbero teoricamente essere collegate alla criminalità organizzata. Da qui lo stop al recapito. Gallo si è rivolto alla Cassazione per visionarle, sostenendo che la motivazione del provvedimento "non consente di comprendere se le fotografie trattenute costituissero un pericolo per la sicurezza". Nei giorni scorsi, i giudici hanno confermato l’alt della Sorveglianza milanese.

Il ricorso, hanno messo nero su bianco gli ermellini, "non prende posizione sul percorso logico dell’ordinanza impugnata, che evidenzia che poiché le foto oggetto della corrispondenza erano sganciate dal contenuto della missiva ed erano state modificate, ritraendo persone precise sullo sfondo di luoghi ben precisi, esse potrebbero veicolare messaggi che l’amministrazione penitenziaria non comprende, ma il detenuto, invece, è in grado di intendere, motivazione che è scevra da tratti di illogicità".

Nicola Palma