MARIANNA VAZZANA
Cronaca

“Mia madre uccisa dall’ex marito a colpi d’ascia. I miei sogni sono morti con lei”: la storia di un orfano invisibile

Giuseppe Delmonte è figlio di Olga Granà, massacrata dall’ex. Era 19enne, rinunciò a studiare medicina. "Pochi sostegni a chi resta"

Giuseppe Delmonte orfano di sua madre uccisa dal papà oggi è strumentista di sala operatoria e studia Psicolgia (Foto Salmoirago)

Giuseppe Delmonte orfano di sua madre uccisa dal papà oggi è strumentista di sala operatoria e studia Psicolgia (Foto Salmoirago)

“Mio padre non ha ucciso solo mia madre ma anche tutti i miei sogni. In particolare uno: volevo diventare medico ma il mio desiderio è morto quel giorno”. Era il 26 luglio del 1997 quando Olga Granà fu massacrata a colpi d’ascia dall’ex marito davanti all’ufficio postale di Albizzate, nel Varesotto. La donna, 51enne, aveva tre figli, l’ultimo dei quali, di 19 anni, viveva a casa con lei. Oggi Giuseppe Delmonte, il ragazzo di allora, ha 48 anni, vive a Milano e lavora come strumentista di sala operatoria. A fianco dei chirurghi. Dopo la tragedia si è rimboccato le maniche e ha cercato comunque una strada per avvicinarsi alla professione che tanto avrebbe voluto esercitare. Ora si dà da fare (anche) per proteggere i sogni degli "orfani invisibili", attraverso “Olga – Educare contro ogni forma di violenza”, l’associazione che ha fondato un anno fa in nome della madre. "Dal 1997 sono stati fatti dei passi avanti per i figli delle vittime ma ancora siamo ai piedi della salita", dice pensando all’ultimo femminicidio: sabato sera, a Settala, Amina Sailouhi è stata uccisa dal marito sotto gli occhi della loro bambina di 10 anni che ha poi dato l’allarme.

Qual è la sua proposta?

"Io ho proposto in Senato, alla commissione Femminicidio, delle modifiche alla legge dell’11 gennaio 2018, numero 4 (modifiche al Codice civile, al Codice penale, al Codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici, ndr): in particolare di prevedere un piano di intervento specifico a supporto dei minori, in questi casi, affinché al “minuto zero“, subito, intervenga una squadra di professionisti – psicologi, assistenti sociali, educatori, avvocati –. Adesso manca una cabina di regia".

E quali sono stati i passi avanti compiuti?

"Già questa legge, che per esempio rende possibile il sequestro conservativo dei beni dell’uccisore a garanzia del risarcimento del danno civile subìto dai figli, è un passo avanti. Nel 1997 non esisteva neppure il termine “femminicidio“".

Lei da chi fu aiutato, allora, economicamente e non solo?

"Da amici di buon cuore. Non ci fu nessun aiuto istituzionale. Dico solo che sarei dovuto partire per il militare il giorno del funerale di mia madre e mi fu “concesso“ di rimandare la partenza a novembre. Non ho potuto iscrivermi all’università. Impensabile, poi, affrontare Medicina, che avrebbe assorbito giornate intere. Io dovevo lavorare. Poi riuscii a iscrivermi a Scienze infermieristiche grazie a una borsa di studio. Ora sono al terzo anno di Psicologia".

Con l’associazione “Olga” ha in mente di aiutare gli “orfani invisibili“ per realizzare i loro sogni?

"Sì. Penso a ciò che avrei voluto. Il mese prossimo lanceremo una raccolta fondi per una borsa di studio da destinare al figlio di una vittima di femminicidio".