
Una delle immagini delle telecamere di videosorveglianza nelle mani dei pm
Gli agenti che furono arrestati un anno fa respingono le accuse e, tornati in libertà, la maggior parte di loro continua a lavorare per l’amministrazione penitenziaria ma con un ricollocamento in altri uffici con mansioni che non comportino contatti con detenuti. Una misura in attesa dell’esito delle indagini preliminari, che ad aprile dell’anno scorso avevano portato a 13 arresti facendo esplodere il caso delle presunte violenze e torture nel carcere minorile Beccaria. "Auspichiamo che vengano presto conclusi tutti gli accertamenti necessari e ancora da compiere perché il mio assistito porta sulle spalle il peso di fatti su cui non ha responsabilità", spiega l’avvocato Massimiliano Cataldo, difensore di un poliziotto 28enne che l’anno scorso finì in carcere, sotto accusa per uno degli episodi contestati. Al termine dell’interrogatorio di garanzia, la gip concesse gli arresti domiciliari modificando la misura cautelare.
"È rimasto per alcuni mesi ai domiciliari e ora è a piede libero – spiega il suo legale – sta lavorando a Roma ed è stato ricollocato dall’amministrazione penitenziaria, come i suoi colleghi, in un altro ufficio con un incarico che non prevede contatti con detenuti. I tempi lunghi di questa indagine stanno avendo ripercussioni anche sulla sua vita personale, e auspichiamo che la Procura tiri al più presto le fila". Anche gli altri agenti che finirono agli arresti sono ora a piede libero, e attendono l’esito delle indagini. Rischiano una pesante condanna, oltre alla perdita del posto di lavoro. All’epoca, negli interrogatori, avevano spiegato di aver reagito ad aggressioni da parte di detenuti e di aver colpito per difendersi. E avevano sostenuto di essere stati "abbandonati" in un carcere con problemi cronici di sovraffollamento, mandati allo sbaraglio "senza controlli gerarchici, senza aiuto da parte della struttura, incapaci di gestire le situazioni".
Violenze che, come emerge dalla richiesta di incidente probatorio avanzata dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena per “cristallizzare“ i racconti di 33 ragazzi (diversi di loro sono di origini straniere o senza fissa dimora, elementi che rendono necessario raccogliere le loro testimonianze prima dell’eventuale processo), venivano scatenate anche da tentativi di suicidio o da gesti di autolesionismo da parte di detenuti. Maltrattamenti gratuiti più che reazioni, tentativi di contenimento o “punizioni“ nei confronti di detenuti che si erano resi responsabili di risse, incendi o tentativi di evasione. "Questo è uno schiaffo educativo", ha urlato secondo le accuse uno degli agenti indagati dopo aver colpito alla guancia sinistra, il 10 marzo 2022, un ragazzo che "era in stato di agitazione per la morte di un cane cui era affezionato". Nella primavera del 2023, invece, cinque agenti se la sono presa, nella cella dell’infermeria, con un detenuto che aveva tentato il suicidio. "Dopo il risveglio dalla perdita di coscienza – annotano i pm - lo prendevano a schiaffi". Una della guardie lo avrebbe "sbattuto al muro" e colpito "con una ginocchiata al fianco, mentre il detenuto continuava a ripetere di voler morire". Infine lo hanno ammanettato, e lasciato nella cella "immobilizzato".
Un’aggessione, il 18 maggio 2023, sarebbe avvenuta anche all’interno dell’ospedale San Carlo di Milano, dove un detenuto era stato ricoverato per "aver ingerito un ingente quantitativo di farmaci". Due agenti lo avrebbero aggredito, prendendolo a calci. Un altro ragazzo, a novembre 2023, è stato picchiato in bagno, dopo essere stato sorpreso mentre cercava di tatuarsi, provocando delle fiamme alla presa elettrica. Un’infrazione alle regole che gli è costata schiaffi, capelli tirati e la testa sbattuta contro il muro, fino a farlo svenire. Le “lezioni“ contro alcuni detenuti comportavano, secondo le accuse, anche cinghiate e spray al peperoncino, l’isolamento in celle dove dovevano rimanere per ore in mutande e con le manette ai polsi. I giovani che hanno denunciato le presunte violenze potrebbero quindi essere convocati dal gip, dopo l’estate, per confermare i loro racconti. La maggior parte di loro, emerge dalla richiesta di incidente probatorio, si trovano attualmente in altri istituti penali minorili, sono passati nelle carceri per adulti, sono stati trasferiti in comunità o nella Rems di Castiglione delle Stiviere. Cinque figurano come "attualmente non reperibili", di loro è persa ogni traccia.