
Giovanna Iannantuoni, economista, presidente della Crui, alla guida dell’università Bicocca fino al 30 settembre
Milano – L’obiettivo iniziale della “sua“ università era organizzarle una festa a sorpresa, prima del passaggio di testimone, il 30 settembre. Ma se non avessero bloccato una data per tempo sarebbe stato impossibile fermarla. Così tra bilanci, musica (classiconi sì, ma con chitarra elettrica) e occhi lucidi, Bicocca ha ringraziato ieri la rettrice Giovanna Iannantuoni. “Abbiamo avuto l’uragano Iannantuoni nella Scuola di Dottorato, nell’Università Bicocca e nella Crui. E sono sicuro che continuerà a esserlo in tutto quello che farà”: l’augurio di Marco Orlandi, nella doppia veste di vicario e successore. “E abbiamo davanti ancora 15 giorni molto intensi”, sorride la rettrice-economista con l’agenda e il “taccuino dei dati“ sempre a portata di mano.
Dal 2019 sono passati sei anni, ma è cambiato il mondo.
“Sono stati sei anni ricchi di avvenimenti importanti, non solo per la nostra università ma a livello internazionale. La pandemia, il contesto geopolitico e la situazione economica globale ci hanno fatto rendere conto però anche del ruolo delle università per il Paese e le democrazie”.
Quali sono state le tappe più significative?
“Siamo stati l’unico ateneo in Italia ad essere hub vaccinale: uno sforzo e una responsabilità; abbiamo investito nella nostra rete sanitaria. In tempi di guerre abbiamo continuato a essere un ateneo che accoglie, abbiamo chiamato moltissimi ricercatori dall’esterno. E siamo un grande ascensore sociale: quasi il 70 per cento delle studentesse iscritte in Bicocca sono le prime laureate nella loro famiglia. L’orgoglio più grande è quello di avere saputo interpretare il ruolo di ateneo di grande eccellenza e qualità - sia nella formazione che nella ricerca - rispettando la nostra natura di università pubblica: inclusiva e aperta. È la nostra identità”.
La fase più delicata?
“Torno alla pandemia, con la preoccupazione di non lasciare indietro nessuno. Io sono un “animale sociale“, venivo sempre in ateneo. Lavorare da remoto non è stato semplice”.
Poi c’è stato il ritorno delle occupazioni.
“E ho difeso molto il diritto dei giovani di esprimere - anche in maniera forte - le loro idee. Questi ragazzi hanno vissuto momenti molto complessi: prima l’impossibilità di stare insieme ad altri ragazzi, poi - dopo decenni di pace nel nostro continente - i conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese che ci toccano così da vicino”.
È cambiato anche il ruolo dell’università?
“L’università non è il ministero degli Esteri né il Governo, ma chi si occupa della creazione di coscienze non può ignorare il contesto: deve analizzarlo dal punto di vista scientifico, storico, sociologico, economico per permettere di avere un’idea complessiva. È quello che si fa qui in Bicocca”.
Che Bicocca lascia oggi?
“Una Bicocca ambiziosa e generosa. Cito un esempio: Piazza della Scienza. Abbiamo utilizzato i fondi del Pnrr non solo per potenziare laboratori interni, ma per creare una piazza tecnologica dove lavoriamo su isole di calore, inquinamento, rischio idrogeologico. Le scoperte scientifiche sono a disposizione del benessere dei cittadini. Vedete tante gru: siamo motore di rigenerazione urbana. Il rettore Orlandi porterà avanti i progetti, ha già la bussola”.
A proposito di città, il “modello Milano“ è a rischio?
“Secondo me non c’è un modello Milano. Milano è piena di sfaccettature: pensiamo per esempio a Bicocca, che fino a dieci anni fa era un’estrema periferia e adesso è un quartiere fighissimo perché l’università pubblica è stata capace di cambiarne la percezione insieme al teatro, ai mezzi pubblici. La Milano multicentrica è la risposta. Certo, c’è una sfida che la città non deve perdere: siamo capaci di attirare più di 200.000 studenti che studiano negli otto atenei milanesi, una quota significativa viene da fuori regione o dall’estero. Medici, infermieri, economisti, ingegneri, pedagogisti. Li attiriamo e li formiamo qui: sperano di trovare lavoro, di innamorarsi, di creare una famiglia, di essere felici. Non possiamo dire: “Vieni, ma vai a vivere a 100 chilometri perché la casa non te la puoi permettere“. Dobbiamo essere la città delle opportunità, fino in fondo”.
Lei è la prima donna alla guida della Crui.
“Votata da uomini. Vuol dire che era il tempo giusto per cambiare, ma è anche indice del fatto che il nostro Paese è in ritardo. Rimaniamo basiti dai dati sui livelli occupazionali, salariali. Dai casi di violenza. Abbiamo cercato sia come Crui che in Bicocca di creare strumenti per andare oltre la retorica: penso al centro anti-violenza aperto anche alla città, per esempio. C’è ancora tanto da fare, anche nel linguaggio. Perché l’aggettivo “ambizioso“ legato a un uomo è una qualità, mentre per una donna essere ambiziosa e competitiva vuol quasi dire che è un’isterica e una pazza? Io sono una donna, competitiva, ambiziosa, un’ottima madre e una moglie affettuosa. Siamo libere di essere ambiziose, non dobbiamo avere paura di dirlo”.
A proposito di ambizioni: come vede un futuro in politica? Le comunali si avvicinano...
“Uno dei miei punti - sia come rettrice che come presidente Crui - è stato quello dell’autonomia dalla politica. Intendiamoci, si fa politica quando ti occupi di parità di genere, di centralità delle periferie. Anche il trasferimento tecnologico non è neutro. Ma altra cosa sono i partiti. Quindi, per ora non parlo, perché sarebbe una contraddizione del mio operato”.
Non lo esclude però dopo il primo ottobre.
“Non lo escludo per il futuro, per ora però non c’è nulla: continuo il mio lavoro, poi si vedrà!”.
E nel frattempo, che si fa?
“Anno sabbatico, con mia figlia Chiara: è in terza media e giustamente chiede la sua mamma che, in questi anni, ha lavorato tantissimo. Ma ha potuto farlo grazie alla famiglia. Grazie a mio marito, ai santi nonni. E grazie a tutta la comunità di Bicocca: da soli non si va lontano”.