ANNA GIORGI
Cronaca

Corre in ospedale per un dolore al petto. Dimesso dopo 4 ore, torna a casa e muore

Il 72enne visitato al Monzino: non era stata diagnosticata la dissecazione aortica, risultata poi fatale. La consulenza medico-legale disposta dalla pm ha evidenziato controlli superficiali

72enne avverte un dolore al petto e va in ospedale. Dopo 4 ore lo dimettono, ma una volta arrivato a casa muore (foto generica)

72enne avverte un dolore al petto e va in ospedale. Dopo 4 ore lo dimettono, ma una volta arrivato a casa muore (foto generica)

MILANO – Aveva chiamato il 118 perché sentiva forti dolori al petto con un peso e bruciore. Trasportato d’urgenza in ambulanza al Pronto Soccorso dell’ospedale Monzino, l’uomo di 72 anni viene dimesso dopo 4 ore e alcuni accertamenti. Torna a casa e muore. Lo ritrovano cadavere 48 ore dopo. Si sarebbe potuta evitare la morte?

Per accertare eventuali responsabilità in sede penale e civile sono state disposte perizie dalla procura. L’avvocato della famiglia, Andrea Marzorati, spiega: “È stata fatta l’autopsia e nella relazione di consulenza medico-legale disposta dalla pm Elisa Calanducci viene evidenziato che i controlli sono stati superficiali e insufficienti. L’ospedale non seppe individuare la causa dei dolori. Neppure fu fatta una reale diagnosi, in quanto i medici si limitarono a una semplice descrizione del sintomo di ‘dolore toracico’”.

Sempre stando alla consulenza della pm, i sanitari non “presero mai in considerazione l’ipotesi di una sindrome acuta aortica (dissecazione) anziché cardiaca, e dall’altro firmarono una dimissione del paziente con un ‘preoccupante dolore toracico di natura da determinare e potenzialmente riconducibile anche a svariate patologie’”. I sanitari non avvertirono il paziente di tornare in Pronto Soccorso in caso di peggioramento delle sue condizioni. Il consulente concluse: “Sono ravvisabili profili di colpa medica nell’operato dei sanitari del Centro Cardiologico Monzino”, ma, essendoci nel diritto penale delle strettissime maglie per dichiarare la responsabilità, “non è possibile affermare con assoluta certezza che, in caso di tempestiva diagnosi e corretto trattamento, la vita del paziente sarebbe stata salvata”.

Come dire, sotto il profilo penale non c’è responsabilità. Spiega l’avvocato della famiglia Marzorati: “Tra diritto penale e civile ci sono importanti differenze: nel civile, le maglie sono più ampie e quindi è più facile per i familiari provare il nesso di causalità e ottenere il risarcimento del danno”. Pertanto, è stato da poco depositato dal legale un ricorso di “accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c. al Tribunale di Milano” che dovrebbe mettere un punto definitivo alla vicenda.

La compagnia di assicurazioni del Monzino – prosegue Marzorati – ai soli fini transattivi ha offerto delle cifre simboliche e non aderenti a quanto sancito dalle tabelle di Milano in tema di “perdita del rapporto parentale”, sostenendo pretestuosamente che tuttalpiù si tratti di un eventuale danno da “perdita di chance” di sopravvivenza”. Il legale, infatti, elenca tutta una serie di errori e omissioni: “L’ospedale non solo non avrebbe inquadrato correttamente, da un punto di vista diagnostico, il sintomo, ma lo avrebbe sottovalutato. Di fronte a un non meglio identificato “dolore toracico”, lo specialista cardiologo, dovrebbe sempre porre un’ipotesi di diagnosi differenziale tra infarto, embolia polmonare, pericardite e dissecazione aortica, cosa che – nel caso di specie – non sarebbe stato fatto”.