REDAZIONE MILANO

Clan turchi, no all’estradizione del “brigatista“

Il braccio di ferro tra Italia e Turchia si è concluso con il "no" dei giudici all’estradizione di Bigol Okan,...

L’operazione ha portato a 18 arresti

L’operazione ha portato a 18 arresti

Il braccio di ferro tra Italia e Turchia si è concluso con il "no" dei giudici all’estradizione di Bigol Okan, che resta detenuto in Italia e sotto processo davanti alla Corte d’Assise di Milano. La Corte d’Appello di Roma, competente su questo caso, motivando il respingimento della richiesta spiega che nei documenti presentati dall’ambasciata turca "non è indicata la struttura penitenziaria nella quale Bingol sarebbe con certezza detenuto in caso di consegna, essendosi semplicemente illustrata l’attuale migliorata gestione" delle carceri. Indicazione che la Corte "non ritiene sufficiente". Uno dei reati di cui è accusato il 30enne, quello di rapina aggravata avvenuta a Istanbul nel 2019, risale inoltre a un periodo in cui l’uomo era già detenuto in Turchia.

Secondo i pm di Milano, che hanno coordinato la maxi-inchiesta del 2024 con 18 arresti, Bingol è complice del presunto boss della mafia turca Baris Boyun, uno degli uomini più ricercati da Ankara. Entrambi sono stati arrestati in Italia. L’avvocato Daniele Francesco Lelli, difensore di Bingol, nel procedimento per l’estradizione ha chiesto di respingere la richiesta delle autorità turche sostenendo che l’uomo "è un terrorista curdo e l’azione del gruppo cui appartiene è paragonabile a quella delle Brigate rosse italiane, che avevano una connotazione pacificamente politica, e dunque la repressione delle stesse deve essere collocata nell’ambito della persecuzione per opinione politiche non gradite al regime". Bingol e Boyun, a Milano, sono accusati di banda armata e altri reati, legati anche al racket dell’immigrazione clandestina lungo la rotta balcanica. Altri imputati, finiti in carcere nella maxi-operazione condotta dal Sisco della Squadra mobile e dalla Gdf e coordinata dal dipartimento anti-terrorismo della Procura di Milano guidato da Bruna Albertini, sono invece sotto processo con rito abbreviato.

Andrea Gianni