Che ne sarà del Leoncavallo dopo lo sgombero? C’è un futuro per lo storico centro sociale espulso dal capannone di via Watteau? Oppure si chiudono oggi i 50 anni di storia dello spazio sociale simbolo dell’antagonisimo milanese e non solo? Se lo chiedono i frequentatori del “Leonka”, certamente meno numerosi di una volta ma comunque attivi, se lo chiedono tanti milanesi, a prescindere dalle opinioni politiche che nutrono. Proviamo a dare una risposta, partendo da quella perentoria data dalle Mamme del Leoncavallo che da un lato parlano di una “tragedia” ma dall’altro si augurano che in città “ci sia ancora un posto” per l’alternativa culturale, per le tante iniziative di integrazione sociale e per l’intrattenimento musicale a prezzi sostenibili.

Dove?
Ma dove potrebbe essere questo posto? Sgomberato e restituito ai proprietari il capannone di via Watteau, occupato per 31 anni dal centro sociale dopo l’allontanamento negli anni ‘90 da via Leoncavallo, sul tavolo c’è solo una fumosa ipotesi: quella dell’area di San Dionigi, di proprietà del Comune di Milano. Sarebbe, in caso di fumata bianca, una soluzione all’insegna della legalità: da un lato, il centro sociale si non dovrebbe più affrontare le tante noie giudiziarie che un’occupazione comporta. Dall’altro, Palazzo Marino risolverebbe un problema politico che dura decenni, al netto delle contestazioni che comunque la destra avanzerebbe. Ma uno spazio pubblico necessita di tempi lunghi e formalità rigide.
Lo stabile
Quando si parla di San Dionigi si intende un dimesso capannone di circa 4mila quadrati alla periferia sud di Milano, zona Porto di Mare: andrebbe pubblicato un bando per l’assegnazione di cui ancora non vi è traccia. E poi ci sarebbero importanti spese da sostenere per mettere a norma lo stabile, liberarlo dall’amianto e renderlo accessibile a tutti.
L’iter
In primavera l'Associazione mamme antifasciste ha presentato al Comune una manifestazione di interesse preliminare con richiesta di sopralluogo per l'eventuale concessione d'uso. Palazzo Marino rispose così: "L'Amministrazione accoglie con favore questa disponibilità nella speranza che si possa giungere in tempi rapidi ad una manifestazione di interesse definitiva - fa sapere il Comune in una nota -. Come più volte ribadito, infatti, è intenzione dell'Amministrazione trovare una soluzione pragmatica che, nel rispetto delle norme, salvaguardi l'esperienza, la storia e l'evoluzione che il centro sociale Leoncavallo ha vissuto negli ultimi anni". Nel frattempo le ruspe si sono mosse e da oggi il centro sociale è senza una casa, per la gioia di molti e la rabbia di altrettanti.
L’inchiesta
Il bando, a dire il vero, era atteso per l’estate: c’era pure una data già segnata da molti sul calendario per l’approdo in Giunta della questione, giovedì 17 luglio. Il giorno prima, però, è arrivato il terremoto Urbanistica a scuotere le fondamenta di piazza Scala. Inutile dire che l’affaire Leonka è comprensibilmente sparito dai radar dell’esecutivo, alle prese con le conseguenze giudiziarie e politiche dell’inchiesta della Procura.
Una cosa è certa: se prima l’obiettivo di gestire in maniera quasi contestuale la doppia operazione di sfratto da Greco e trasloco a Porto di Mare poteva essere ragionevolmente raggiunto, ora lo scenario è precipitato.