Arnaldo Liguori
Editoriale e Commento

Sudore e algoritmi

C’è voluta una sentenza del Tribunale di Milano per imporre tutele minime (e di buonsenso) verso i rider che lavorano sotto il sole

Rider Glovo in servizio (foto di repertorio)

Rider Glovo in servizio (foto di repertorio)

Gli italiani hanno sempre avuto un rapporto complicato con il caldo: lo amiamo d’estate, ma solo se siamo in vacanza. Per i rider di Glovo, invece, il sole cocente è parte del lavoro quotidiano. Ai tempi del riscaldamento globale, la sentenza milanese che impone cappelli, occhiali e trenta centesimi extra a consegna quando le temperature superano i 24 gradi sembra quasi ovvia, eppure ha richiesto una lunga battaglia legale. È il paradosso di un Paese che sa essere geniale negli escamotage ma fatica con le tutele elementari; dove serve un giudice a ricordare alle aziende che i rider sono esseri umani, non algoritmi su due ruote. I sindacati parlano di “vittoria storica”: un po’ triste che proteggere chi lavora al caldo sia considerato rivoluzionario. Ma meglio tardi che mai.