Milano, 21 agosto 2025 – Intorno alle 10.30 sono terminate le operazioni di sgombero dell'immobile in via Watteau 7 a Milano di proprietà della società "L'Orologio s.r.l.", occupato abusivamente da parte della "Associazione mamme antifasciste del Leoncavallo". La struttura è stata riconsegnata alla proprietà per la sua messa in sicurezza. Termina così la storia del “Leonka” come l’ha conosciuto la città: al 133esimo tentativo, le forze dell’ordine, con l'ufficiale giudiziario, hanno dato esecuzione all'ordine di sfratto emesso nei confronti dello storico centro sociale.
Le operazioni erano iniziate alle 7.30. Gli accessi a via Watteau erano presidiati dalle forze dell’ordine. Lo sfratto del centro sociale dallo stabile di via Watteau, occupato dal 1994 (dopo lo sgombero dall’edificio di via Leoncavallo, dove era stato fondato il centro sociale nel 1975), era stato rinviato un centinaio di volte e lo scorso novembre il ministero dell'Interno era stato condannato a risarcire tre milioni ai Cabassi, proprietari dell'area, proprio per il mancato sgombero.
Il blitz

L’intervento delle forze dell’ordine per l’esecuzione dello sfratto era fissato e atteso per il 9 settembre. In vista di quella data il centro sociale aveva aperto una raccolta fondi, anzi una “cassa di resistenza” per il suo "diritto ad esistere". Come detto, per il mancato sgombero dell'area il ministero dell'Interno era stato condannato a pagare tre milioni di euro alla proprietà, l'immobiliare Orologio della famiglia Cabassi. E a sua volta ha chiesto un risarcimento dei tre milioni a Marina Boer, la presidente dell'associazione Mamme del Leoncavallo. Associazione che, nei mesi scorsi aveva presentato una manifestazione d'interesse al Comune per un immobile in via San Dionigi che poteva rappresentare un primo passo per lo spostamento del centro sociale dall'attuale spazio.
L’appello sui social: “Accorrete numerosi”
“Sono arrivati! Ci stanno sgomberando! Accorrete numerosi in via Watteau”: è l’appello che i militanti del centro sociale hanno pubblicato su Instagram dopo alcune ore dall’inizio delle operazioni. Sul posto sono arrivati alcuni sostenitori e militanti da altri luoghi. La situazione comunque è tranquilla.
"È uno sfratto esecutivo. Avremo 30 giorni per trovare un accordo con la proprietà per prendere un po' di cose", dicono le Mamme del Leoncavallo, colte di sorpresa dallo sgombero. “Di certo il Leoncavallo è andato", constatano con tristezza, parlando di "una tragedia, ma preferendo aspettare per altre dichiarazioni".
La nota della Prefettura
L'esecuzione dello sgombero del centro sociale Leoncavallo "consentirà anche di evitare ulteriori azioni risarcitorie nei confronti dello Stato". A chiarirlo è la Prefettura di Milano in una nota. "Al termine delle operazioni, la struttura è stato riconsegnata alla proprietà per la sua messa in sicurezza - continua Palazzo Diotti -. L'immobile in questione era stato occupato senza titolo dal settembre 1994, e l'autorità giudiziaria aveva da tempo condannato gli occupanti a rilasciare l'immobile. Dal 2005 vi sono stati numerosi tentativi di accesso da parte dell'ufficiale giudiziario, risultati infruttuosi". "Al riguardo - conclude la Prefettura -, la società proprietaria aveva promosso anche un'azione risarcitoria per il danno subito dal ritardo nell'esecuzione dell'ordine giudiziario di rilascio dell'immobile occupato e da ultimo la Corte di Appello di Milano - Seconda Sezione Civile, con sentenza resa il 29 ottobre 2024, aveva condannato il ministero dell'Interno al risarcimento del danno a favore della società proprietaria, nella misura di 3.309.150 euro (303.915 euro all'anno per gli ultimi dieci anni), nonché alle spese e agli interessi legali".
Dal 2005 133 tentativi di sgombero
L’ultimo tentativo di liberare gli spazi, prima di oggi, risale a una quindicina di giorni fa, quando l’ufficiale giudiziario si è presentato per la centotrentatreesima volta in via Watteau per notificare l’ordine di rilascio dell’ex cartiera occupata ma ha dovuto prendere atto dell’assenza della forza pubblica e riprogrammare le operazioni al 9 settembre. Ma la sensazione era che lo sgombero potesse arrivare anche in una data precedente. E si arriva a oggi. Le operazioni di questa mattina arrivano al termine di una serie infinita di rinvii che prosegue ininterrotta dall’11 marzo 2005.
L’accelerazione dettata dalla sentenza della Corte d’appello datata 9 ottobre 2024 non lasciava, d’altra parte, molti margini di manovra. La sconfitta in aula sul mancato sgombero dal 2005 in avanti è costata carissima alle casse pubbliche, visto che la mancata impugnazione in Cassazione (caldamente sconsigliata dall’Avvocatura dello Stato per le quasi nulle possibilità di ribaltone) ha costretto il Governo a pagare 3,039 milioni alla società "L’Orologio" della famiglia Cabassi.

Salvini: “Afuera!”
Tra i primi a pronunciarsi sullo sfratto del Leoncavallo c’è il leader della Lega e vicepremier, Matteo Salvini, che sui social ha scritto: “Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!".
A sua volta il ministro dell’Interno Piantedosi ha commentato: "Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent'anni quell'immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell'occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il Governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall'inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti".
Leoncavallo, 31 anni in bilico tra sfratto e regolarizzazione
Dal ‘94 a oggi la storia del centro sociale Leoncavallo è stata scandita anche da tentativi di sfratto e di regolarizzazione, nell’ottica di risolvere il grosso tema dell’occupazione dell’ex cartiera e al tempo stesso riconoscere il ruolo e i traguardo del centro sociale stesso. Il 28 settembre 2005, in una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica tenuta a Palazzo Diotti, l’allora prefetto Bruno Ferrante aveva osservato che "lo sgombero forzoso del Leoncavallo potrebbe creare verosimilmente problemi di ordine pubblico". Quattro anni dopo, il 10 giugno 2009, il successore Gianvalerio Lombardi "dà notizia che per la vicenda dello sgombero dell’ex centro sociale è giunta l’ennesima richiesta di supporto della forza pubblica da parte della società proprietaria per consentire l’accesso all’immobile di via Watteau. Se ne prende atto, rilevando peraltro, su conforme avviso dei presenti, che permangono irrisolte le problematiche che hanno finora impedito il buon esito della procedura di rilascio coattivo dell’immobile".
Il 2 ottobre 2010, la situazione cambia: l’operazione sfratto diventa possibile. Il via libera è datato 18 gennaio 2011: "In vista del programmato accesso nello stabile da parte dell’ufficiale giudiziario, si dispone il concorso delle forze di polizia nelle operazioni di sgombero dello stabile". Il 16 marzo, però, arriva la frenata: il "coordinamento delle forze di polizia" prende atto "dell’emersione di un margine per un avvicinamento delle singole posizioni delle parti, che potrebbero ragionevolmente acconsentire, in tale ottica, a un rinvio “lungo“ dell’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario".
Meno di tre mesi dopo, Giuliano Pisapia vince le elezioni Comunali. E già in estate si comincia a parlare della volontà della nuova Giunta arancione di regolarizzare il Leonka. Un anno più tardi, a settembre del 2012, il piano per lo storico riconoscimento del centro sociale milanese pare in dirittura d’arrivo. La formula individuata è quella della permuta di immobili: nell’idea della Giunta, il Comune avrebbe rilevato il capannone di via Watteau dai fratelli Cabassi lasciando loro, in cambio, il complesso delle ex scuole di via Zama. Il piano, però, non convince una parte della maggioranza di centrosinistra in Consiglio comunale – o, meglio, una parte del Pd – e incontra qualche perplessità anche all’interno dello stesso esecutivo. Il quinquennio di Pisapia passerà agli archivi senza alcuna regolarizzazione del Leoncavallo e senza alcuna riqualificazione del complesso di via Zama.
Notizia in aggiornamento