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Brera, addio all’Hotel Milano Scala. La vendita, poi la chiusura lampo: "In trenta restano senza lavoro"

L’albergo aperto nel 2010 ha ottenuto certificazioni internazionali e la ribalta televisiva: è il migliore. La protesta dei dipendenti: "Scaricano sul personale ogni costo e aggirano le procedure della legge".

Il boutique hotel si trova in un palazzo ottocentesco al civico 7 di via dell’Orso

Il boutique hotel si trova in un palazzo ottocentesco al civico 7 di via dell’Orso

di Andrea Gianni

Il boutique hotel Milano Scala era stato aperto nel 2010 in un palazzo dell’Ottocento a Brera, a pochi passi da via Montenapoleone, dal Duomo e dalla Scala. Una terrazza panoramica dove gustare "il classico aperitivo alla milanese", la promessa di "uno stile unico con l’attenzione al dettaglio e la sostenibilità ambientale" decretata anche da certificazioni internazionali. Una struttura incoronata dallo chef Bruno Barbieri, che in una puntata della trasmissione Sky 4 hotel l’ha eletta come "miglior hotel di Milano", ora arrivata all’epilogo dopo essere stata ceduta nei mesi scorsi dagli ex proprietari, la Capoberta Srl, a una società immobiliare. Ieri i dipendenti di turno hanno trovato le porte chiuse, in via dell’Orso 7, zona Brera. Uno stop alle attività che non è legato a una flessione del mercato, perché Milano continua ad accogliere frotte di turisti da tutto il mondo. Quello di maggio, secondo gli ultimi dati diffusi dal Comune, è stato il mese migliore di sempre per il turismo, con 915.292 arrivi in città e una crescita del 9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Un trend proseguito anche a giugno, mentre gli hotel riempiono le stanze e registrano affari d’oro, soprattutto nella fascia più alta.

La chiusura dell’Hotel Milano Scala lascia senza lavoro 30 dipendenti (24 a tempo indeterminato e 6 a termine) sospesi senza preavviso e destinati al licenziamento. Persone con alte professionalità ed esperienza nel settore. "Chiediamo un intervento urgente delle autorità competenti per verificare la legittimità della condotta aziendale – spiega Alessandro Ingrosso, operatore della Fisascat Cisl di Milano –, la convocazione immediata di un tavolo istituzionale con tutte le parti coinvolte, l’adozione di misure idonee a tutelare l’occupazione e il reddito delle lavoratrici e dei lavoratori. Non è accettabile che in una città come Milano si possa chiudere una struttura alberghiera di rilievo, scaricando sul personale ogni costo e aggirando i percorsi di confronto previsti dalla legge".

La Fisascat Cisl si era già mobilitata, dopo la cessione, scrivendo alla Prefettura, al Comune di Milano e alla Regione per aprire un confronto. Un appello seguito dal silenzio, fino a quando è arrivata la chiusura senza alcun confronto preventivo con il sindacato. "L’azienda intenderebbe ricorrere al Fondo di integrazione salariale per la sospensione temporanea dei dipendenti, tutti regolarmente assunti con diverse mansioni – conclude Ingrosso – con successivo licenziamento al termine del periodo di copertura. È una scelta che respingiamo, perché non coerente con una chiusura definitiva dell’attività e dunque inadeguata a garantire le tutele previste dalla normativa".