
L’archistar ed ex assessore Stefano Boeri, 68 anni
Qualcuno ha avuto accesso al telefonino dell’architetto Stefano Boeri (o a quello di una sua interlocutrice) per modificare il contenuto di alcune chat? E con quale obiettivo? Sono gli interrogativi che punta a risolvere il fascicolo parallelo all’inchiesta sui “cyberspioni“ di Equalize aperto dalla Procura di Milano in merito alla presunta manipolazione di alcune chat tra Boeri e la direttrice generale della Triennale di Milano, Carla Morogallo.
In particolare, in questo rivolo dell’indagine principale – chiusa, per quanto riguarda il lavoro dell’accusa, alla fine del luglio scorso – risulta indagato l’hacker Gaetano Pegoraro (esperto di bitcoin e cybersecurity, già dipendente di società che forniscono intercettazioni per diverse Procure d’Italia), al quale sono addebitati, limitatamente alla vicenda che coinvolge Boeri, i reati di accesso abusivo a sistema informatico e cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche e telefoniche.
L’iscrizione dell’informatico nel registro degli indagati risale allo scorso luglio, dopo che a marzo Boeri aveva presentato una querela su un presunto "dossier" ai suoi danni contenente "stralci di conversazioni whatsapp intervenute con la dottoressa Carla Morogallo". La stessa dirigente aveva denunciato a sua volta l’accaduto. Messaggi che, secondo lo stesso archistar, potrebbero essere stati "manipolati e modificati". Nella testimonianza resa, come persona offesa, dall’archistar lo scorso gennaio, a proposito di un vocale che il pm gli ha fatto sentire Boeri, ad esempio, ha risposto: "Sembra quasi la mia voce deformata, assomiglia molto alla mia voce". Boeri ha anche messo a disposizione degli inquirenti la sua chat con Morogallo e nell’audizione sono stati confrontati messaggi, audio e immagini acquisiti dagli investigatori con quelli originali.