
È morto a 94 anni il veterano del racconto-reportage fotografico. Nato ligure, vissuto a Roma, Venezia, Lugano e Parigi, infine Milano . "Dal 1965 vivo qui, ho grande rispetto per la città che mi ha adottato".
"Ci siamo frequentati tutta la vita, lui è stato per me, come fotografo, un riferimento costante. Mi mancherà tantissimo", riesce a dire in prima battuta Davide Mengacci. La notizia della morte del suo amico Gianni Berengo Gardin lo coglie di sorpresa, in un pomeriggio agostano, con la città che si sta svuotando per le partenze. Un "colpo" per Mengacci, autore di trasmissioni cult negli anni Novanta, da “Candid camera show“ al primo reality italiano “Scene da un matrimonio“, sino a “Fornelli d’Italia“. Che in nome dell’antica amicizia aveva suggellato, qualche mese fa, una curiosa reunion, a corredo e supporto della mostra sull’isola di Linosa, una delle più sperdute del Mediterraneo, all’Acquario civico di Milano: “Gianni Berengo Gardin e Davide Mengacci. Linosa 1991”, una cavalcata nella memoria, a fare da sfondo le splendide immagini di Insulae aqua. Mengacci è anche un appassionato fotografo (non professionista, dice) ma a Linosa si incontra con Berengo perchè, racconta, "io ero andato per registrare una puntata speciale di “Scene da un Natale“ a Linosa, andato in onda su Canale 5 il 25 dicembre 1991 e Gianni era stato inviato da Epoca".
E’ stata una serata divertente quella all’Acquario... "Molto, ne serberò gelosamente il ricordo. Abbiamo parlato a lungo e a proposito della vecchiaia mi ha detto: “Devi prendere le cose per come ti arrivano, buone o cattive, non cercare di contrastare quello che la vita ti propone“. Lo trovo un buon consiglio. Che cercherò di tenere a mente. Io che non sono in pensione ma che ho rallentato parecchio. Non giro più l’Italia. Faccio televendite, preparo un programma di turismo e gastronomia".
Che cosa ricorderà di lui? "Intanto il sorriso, la sua simpatia. E il rigore morale. E la sua resistenza, sino a pochi anni fa ancora lo vedevi in giro a fotografare".
L’ironia non gli mancava, vi stuzzicavate a vicenda. "Quando uno passa una vita insieme l’ironia diventa facile. Pensi che all’epoca, quando l’ho conosciuto, avevo un’agenzia di pubblicità e davo lavoro ai fotografi che mi piacevano. Gianni era uno di loro. Se poi guarda le mie fotografie si accorgerà che l’influenza del neorealismo francese è molto forte. Che poi è la matrice di Gianni. Direi che dal punto di vista della comunanza ideale non siamo mai stati molto diversi. pur facendo alla fine lavori differenti".
Altre immagini della vostra amicizia? "Un giorno di una decina d’anni fa, eravamo in macchina insieme, stavamo andando ad un riunione di un circolo fotografico e lui dal finestrino continuava a scattare fotografie che a mio parere non avevano significato. Quindi gli ho chiesto che cosa ci fosse di così interessante da fotografare e lui mi ha risposto. con una battuta, ironicamente: “ io faccio spesso fotografie stupide con la speranza che con il passare del tempo diventino intelligenti“. Ecco. Anche per me il vero valore delle fotografie sono i ricordi, attivare la memoria. E spero proprio che Milano non dimentichi, dedicandogli la mostra che desiderava".