REDAZIONE BERGAMO

Altri due arresti nel caso Equalize. Dalla Bergamasca a Platì: la rete che univa ‘ndrangheta, estorsione e spionaggio industriale

Arrestati Micheal e Nicolas Chiera, due cugini bergamaschi: sapevano che dietro l’estorsione da 30 milioni ai danni dalla società G&G dei Motterlini c’erano gli interessi della famiglia Barbaro di Platì

L’hacker Nunzio Samuele Calamucci (ai domiciliari) si sarebbe messo a disposizione dall’imprenditore Lorenzo Sbraccia per una presunta "mediazione estorsiva"

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Milano – La Lombardia torna al centro del caso Equalize con l’arresto di Michael e Nicolas Chiera, due cugini residenti in provincia di Bergamo finiti in manette nel filone parallelo dell’inchiesta milanese. Secondo il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice, i due erano “pienamente a conoscenza” che il vero “motore” dell’operazione erano “gli interessi economici della famiglia (di ‘ndrangheta, ndr) Barbaro di Platì”.

L’indagine svela un intreccio tra territorio lombardo e ‘ndrangheta calabrese che ha come epicentro Milano e si estende fino alla Bergamasca. Al centro della vicenda c’è una tentata estorsione da 30 milioni di euro orchestrata per evitare il pagamento di crediti vantati dalla società G&G dei Motterlini nei confronti di Fenice, l’azienda dell’immobiliarista romano Lorenzo Sbraccia.

I rapporti tra le due società nascevano da lavori di ristrutturazione di immobili a Pieve Emanuele, nel Milanese, territorio che si conferma crocevia di affari sporchi. L’obiettivo, secondo l’accusa, era costringere i Motterlini a incassare solo 8 milioni dei 30 dovuti, utilizzando il metodo mafioso come strumento di pressione.

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La regia dell’operazione avrebbe visto in cabina di comando figure già note del caso Equalize: l’ex superpoliziotto Carmine Gallo, recentemente scomparso, e Nunzio Samuele Calamucci, la mente informatica del gruppo. Mentre l’esecuzione materiale sarebbe stata affidata ad Annunziatino Romeo, mediatore legato ai Barbaro-Papalia, insieme a Francesco Baldo e Fulvio Cilisto.

I due cugini bergamaschi avrebbero “attivato” Cilisto su richiesta di Baldo e Romeo, agendo “in vista di un compenso economico” e promettendo guadagni anche al complice. “Essi hanno agito – scrive il giudice –  esattamente come il Romeo e il Baldo, in vista di un compenso economico per sé, e che hanno promesso anche al Cilisto, ed erano pienamente a conoscenza che il ‘motore economico’ che stava dietro a tutta la vicenda era rappresentato dagli interessi economici della famiglia Barbaro di Platì”. A fare da supervisori dell’intera operazione Francesco e Pasquale Barbaro insieme a Giuseppe Trimboli, tutti esponenti della potente cosca calabrese.

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Il giudice sottolinea come sia stata raggiunta “la piena prova” del coinvolgimento dei Chiera nella “mediazione estorsiva con metodo mafioso”. Una conferma di come il territorio lombardo, dalla provincia di Bergamo al Milanese, rappresenti terreno fertile per l’infiltrazione della criminalità organizzata negli affari legali. L’interrogatorio di garanzia per i due cugini è fissato per domani, mentre l’inchiesta continua a scavare nei rapporti tra spionaggio industriale, estorsioni e ‘ndrangheta che hanno trovato in Lombardia il loro teatro operativo privilegiato.