Frecciarossa deragliato a Livraga, due operai condannati a tre anni di carcere

Nel disastroso incidente ferroviario morirono due macchinisti. Altre cinque persone sono state rinviate a giudizio. Prosciolti Maurizio Gentile, ex ad di Rfi, e Michele Viale ad di Alstom Ferroviaria

Il Frecciarossa deragliato

Il Frecciarossa deragliato

Lodi – A oltre tre anni di distanza dal drammatico deragliamento del Frecciarossa 9595, sono stati condannati a tre anni di reclusione due operai addetti alla manutenzione e dipendenti di Rfi. Il loro istruttore invece è stato assolto.

Si è chiuso così, a Lodi, il processo in abbreviato per l’incidente ferroviario del 6 febbraio 2020, quando il convoglio partito da Milano e diretto a Salerno uscì dai binari nel Basso Lodigiano, in corrispondenza di uno scambio tra Livraga e Ospedaletto. Morirono due macchinisti, Giuseppe Cicciù, 51 anni di Cologno Monzese e Mario Dicuonzo, 59 anni, di Pioltello, e 32 persone rimasero ferite. Lo ha deciso il gup Francesco Salerno che ha anche rinviato a giudizio cinque imputati che hanno scelto il rito ordinario. Nel procedimento le accuse a vario titolo sono concorso in omicidio plurimo colposo e disastro ferroviario. 

Rinviati a giudizio

I cinque rinviati a giudizio sono un 46enne program manager di Alstom, la ditta fiorentina che fabbricò a fornì ad Rfi un attuatore poi risultato difettoso ed installato sullo scambio numero 5 alcune ore prima della tragedia, un 33enne operaio interinale di Alstom, un 57enne operaio metalmeccanico di Alstom, un 66enne direttore della direzione di produzione di Rfi ed un 46enne responsabile di produzione di Alstom.

Prosciolti

Maurizio Gentile, ex ad di Rfi, e Michele Viale amministratore delegato di Alstom Ferroviaria sono invece stati prosciolti (ex articolo 425 del codice di procedura penale) dal gup di Lodi Francesco Salerno.

La causa dell’incidente

Un attuatore uscito difettoso dall'azienda fiorentina l'anno prima del disastro era stato installato poche ore prima del deragliamento e l'anomalia, due fili invertiti all'interno, hanno causato l'incidente in quanto il treno Milano-Salerno “sviò” sul binario morto a quasi 300 chilometri orari nonostante fossero stati compiuti diversi test. Il processo intende risalire ben oltre all’ipotetica responsabilità dell’addetto che scambiò i fili ma si vuole capire chi doveva mettere in atto tutte le procedure per non arrivare al punto di non ritorno.

L’incidente del 6 febbraio 2020