ANNA GIORGI
Cronaca

Sentenza Carol Maltesi: perché il tribunale non ha condannato Davide Fontana all’ergastolo

Il food blogger diventato assassino, in primo grado, è stato sanzionato con una pena di 30 anni. Molto probabile il ricorso in appello da parte della procura

Indagini nella casa della vittima. In piccolo, Carol Maltesi e Davide Fontana

Indagini nella casa della vittima. In piccolo, Carol Maltesi e Davide Fontana

Rescaldina – “Non ho parole, 30 anni per un mostro maledetto!!!”. Lo scrive sui social Fabio Maltesi, papà di Carol, la ragazza uccisa e fatta a pezzi dal foodblogger diventato assassino Davide Fontana.

Perché niente ergastolo

Riconosciuto sano di mente da una perizia, il tribunale di Busto Arsizio in primo grado non lo ha condannato all’ergastolo, perché ha escluso le aggravanti della crudeltà e della premeditazione. Il 44enn ha legato e colpito Carol a martellate in testa, poi l’ha sgozzata. Ha sezionato il cadavere in 18 parti, li ha depositati in un congelatore acquistato su Amazon fino a fine marzo, quando ha tentato prima di bruciare i resti con un barbecue e alla fine li ha abbandonati nel Bresciano.

Probabile appello

La sentenza ha inevitabilmente suscitato una reazione di sdegno: si tratta però, di una sentenza di primo grado, è quindi quasi scontato che la procura farà appello. Sarà necessario poi, conoscere le motivazioni della sentenza che verranno depositate entro 60-90 giorni, l’unico documento su cui si potrà ragionare e trarre conclusioni. Il resto sono ipotesi di giurisprudenza.

L’aggravante della crudeltà

Fra l’altro l’aggravante della crudeltà tecnicamente richiede un “quid pluris” rispetto all’attività necessaria alla consumazione del reato, deve rendere la condotta “particolarmente riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima per arrivare alla morte”, non post mortem.

La questione rieducazione

Poi c’è un tema centrale da considerare: la funzione rieducativa della pena che pesa, nella valutazione generale dei giudici, proprio nei confronti dei rei giovani e incensurati per quanto siano definiti come “mostri“.

La giustizia si deve porre il problema di recuperare le “persone“ e non con il carcere a vita, che hanno commesso un reato, seppur colpevoli di comportamenti inumani.