Rescaldina, "Io, vent’anni accanto all’assassino". La separazione nel giorno dell’arresto

La ex di Davide Fontana che ha ucciso, fatto a pezzi e poi buttato nel burrone Carol Maltesi: "Mai avrei immaginato che potesse fare qualcosa di simile"

Carol Maltesi e Davide Fontana

Carol Maltesi e Davide Fontana

Rescaldina (Milano), 5 aprile 2022 -  «Sono sconvolta , mai avrei potuto immaginare che l’uomo con cui ho passato vent’anni della mia vita potesse commettere una cosa del genere". Sconvolta, e "straziata per il dolore che ha provocato quest’uomo". Non riesce a trovare altre parole per esprimere quel che sta provando da una settimana Silvia G., l’ex moglie di Davide Fontana il carnefice di Carol Maltesi, la ventiseienne uccisa, poi orribilmente sfigurata e alla fine gettata come un rifiuto da un dirupo nei boschi della Valcamonica, a Borno.

Quando nella notte fra lunedì e martedì scorsi l’uomo crolla davanti ai carabinieri bresciani, e confessa di avere ucciso a martellate Carol durante la registrazione di un filmato erotico nella sua casa di Rescaldina, nel Milanese, a Silvia crolla all’improvviso il mondo addosso. Proprio quel martedì, il suo avvocato Antonino Crea doveva depositare in tribunale l’atto di separazione. La parola “fine“ a vent’anni di vita coniugale. A dodici mesi esatti tra l’altro, da quando, è il marzo del 2021, lui le aveva comunicato – un fulmine a ciel sereno – di volersene andare. Per trasferirsi evidentemente nella cittadina vicino a Legnano, in un’abitazione a fianco di quella di Carol per la quale aveva perso la testa. Dalle tranquille, per lui ormai monotone, abitudini di una coppia consolidata – l’appartamento a Baggio, il lavoro in banca per entrambi – all’eccitante mondo dell’hard dov’era entrata Carol Maltesi. Video, foto, il brivido del proibito... Fontana, a 43 anni, sogna la svolta, di vivere finalmente come dentro un film. Fatto di luoghi esotici, piscine e aperitivi come quelli che visita e che fanno da sfondo alle sue foto. E sesso. È il tarlo che s’impossessa di lui fin da quando incontra “Charlotte Angie“, il nome d’arte di Carol, nell’ottobre del 2020.

Silvia, intanto , rimane all’oscuro di tutto. Il penultimo fine settimana di marzo, quando sono ormai passati più di due mesi da quel 10 (o forse 11) gennaio, data in cui avviene l’omicidio – il killer inizia a colpire Carol, sdraiata e legata a un palo della lap dance, un sacco nero in testa, nastro adesivo sulla bocca, mani e piedi immobilizzati – la donna sale a Rescaldina per consegnargli i due gatti. Entra nell’appartamento. Poi torna a Milano per riprendere in mano la sua esistenza. È l’ultima volta che lo vedrà. "Quel che più l’ha traumatizzata – racconta Antonino Crea – è pensare di essere stata a fianco di un uomo che non solo ha commesso un omicidio, ma che poi ha fatto quel che sappiamo del corpo di quella povera ragazza. Una follia criminale agghiacciante. Immaginiamo come possa sentirsi una donna che per due decenni ha vissuto a stretto contatto con un soggetto del genere". La domanda è d’obbligo... "No, Silvia non ha mai avuto il benché minimo presentimento, nemmeno il più impercettibile indizio di questa follia. “Non ha mai avuto nei miei confronti un gesto d’ira, non ha mai addirittura alzato la voce...“ mi ha detto, non riesce a spiegarsi come sia stato possibile tutto ciò, ed è questo che la sta distruggendo".

Intanto, ieri , la scientifica dei carabinieri di Brescia è tornata a Rescaldina per esaminare le abitazioni di via Melzi. Dopo il sopralluogo iniziato sabato nella casa in cui viveva Carol Maltesi, dopo la pausa domenicale gli esperti in tuta bianca hanno proseguito l’ispezione con il Luminol nella casa del bancario e foodblogger. E il lavoro, che si prospetta lungo, comprende anche la Fiat 500 grigia intestata alla madre della vittima di cui aveva spesso disponibilità Fontana, tanto da averla utilizzata per trasportare i resti smembrati poi buttati il 20 marzo in un dirupo a Borno. Nell’appartamento della ragazza, ripulito da cima a fondo dal killer, sono state trovate tracce ematiche, nonché le prime conferme di quanto riferito da Fontana prima al magistrato e poi al gip, in sede di interrogatorio di convalida. Il bancario ha detto di avere fatto sparire il sangue con spugne e stracci. Stracci poi lavati in lavatrice e rimessi a posto in casa. Negli appartamenti sono stati sequestrati device elettronici sotto analisi.