
Grabiella Andreasi e Daniela Cassina
NERVIANO – Sei anni e tre mesi. È questa la pena definitiva per Destiny Okunzuma, il 27enne nigeriano residente a Trecate, che nella notte tra l’8 e il 9 ottobre 2022 provocò un tragico incidente nel Novarese, costato la vita a due donne dell’Alto Milanese, Daniela Cassina e Gabriella Andreasi. La Corte di Cassazione ha ridotto di oltre un anno la condanna iniziale di sette anni e mezzo, chiudendo così l’ultimo atto giudiziario di una vicenda che ha sconvolto un’intera comunità.
Okunzuma, ubriaco e senza patente, alla guida della sua auto travolse con violenza il veicolo su cui viaggiavano Cassina, 48 anni, di Busto Garolfo, e Andreasi, 63 anni, di Cerro Maggiore. Le due donne, amiche legate dalla passione per la musica gospel, stavano facendo ritorno da un festival a Novara, dove avevano appena partecipato a un workshop con maestri statunitensi. Con loro anche altri due membri del coro Let’s Gospel di Nerviano, rimasti feriti ma non in modo grave.
L’accusa di omicidio stradale era aggravata dalla fuga dell’imputato e dall’omissione di soccorso. Okunzuma, infatti, dopo l’impatto abbandonò la scena del crimine senza prestare alcun aiuto. Nonostante queste aggravanti, la scelta del rito abbreviato – che garantisce uno sconto di pena – e la decisione della Cassazione di limare ulteriormente la condanna, hanno portato a un esito che in molti definiscono inaccettabile.
La riduzione di pena ha scatenato amarezza e indignazione tra i familiari delle vittime, tra i conoscenti e tra quanti conoscevano le due donne, molto attive nella vita sociale e culturale del Legnanese. Daniela Cassina era anche la moglie dell’ex sindaco leghista di Nerviano, Massimo Cozzi, e insieme a Gabriella Andreasi era un volto noto nel panorama musicale amatoriale della zona.
Per molti, sei anni e tre mesi non sono sufficienti a rendere giustizia a due vite spezzate per sempre. Il dolore di chi le ha amate resta immutato, mentre la sensazione è quella di una pena che non riflette appieno la gravità dei fatti. La sentenza definitiva, seppur rispettosa delle norme processuali, lascia una ferita aperta nel cuore della comunità.