
Una foto di repertorio di una famiglia
Non è facile essere genitori. Non lo è mai stato e non lo è certamente in questa epoca. Di recente, nel corso di un incontro a Lodi, lo psicologo e scrittore Paolo Crepet ha richiamato l’attenzione sull’importanza della sconfitta. “Perché Sinner è bravo? Perché ha perso. Per vincere si deve perdere" ha detto, citando il campione di tennis. E sebbene di primo acchito questa riflessione possa sembrare “ovvia”, all’atto pratico e nella sua concretizzazione sul piano reale non lo è per niente.
Siamo immersi in una società – e forse Milano ancora di più – che si nutre di contraddizioni. Si chiede a tutti, perfino ai bambini, di essere sempre performanti (basti pensare alle agende dei più piccoli, che traboccano di corsi, stimoli e appuntamenti). Ma l’errore non è ammesso, la frustrazione dell’aver fallito è spesso un tabù.
Eppure non c’è cosa più importante: capire di avere dei limiti, accettarsi per quello che si è e riconoscere i propri margini di miglioramento sono passi fondamentali nella crescita del singolo individuo e, di conseguenza, della società. Come dice Lucio Corsi, “volevo essere un duro”. Ma non lo sono. E in fondo va bene così.