
Da sinistra Marco Rotelli, Kamel Ghribi e Paolo Rotelli, vicepresidenti Gruppo San Donato
Milano, 4 giugno 2025 – “Vogliamo eliminare le liste d’attesa? Basta aggiungere trenta miliardi al Fondo sanitario nazionale, passando dal 6-7% del Pil che spendiamo al nove, dieci per cento di Francia e Germania. Il nostro Servizio sanitario nazionale è eccezionale, ma affinché sia effettivo ci vogliono trenta miliardi in più. In sanità, non in missili”, dice Paolo Rotelli, vicepresidente del Gruppo San Donato, ed è il punto di vista del principale player della sanità privata accreditata in Italia che dai solventi, di tasca propria o tramite welfare aziendale, mutue e assicurazioni, ha incassato l’anno scorso 422 milioni di euro su 2 miliardi 570 milioni di fatturato.
“Migliaia e migliaia di prestazioni che corrispondono a posti che si liberano per chi usufruisce del Ssn”, assicura il fratello Marco Rotelli, cooptato vicepresidente nel nuovo Cda sempre presieduto da Angelino Alfano e composto anche dall’altro vicepresidente Kamel Ghribi, da Augusta Iannini, Nicola Grigoletto e Marco Centenari, promosso amministratore delegato del GSD. Come ad del San Raffaele, l’ammiraglia, lo sostituisce Francesco Galli.
Due manager “con noi da più di vent’anni”, sottolinea Paolo Rotelli, e il gruppo dal 2013 ha raddoppiato il fatturato, ma anche l’Ebitda “da 150 a 323 milioni” nel bilancio 2024, con un aumento del 56% rispetto al 2019 mentre il fatturato, in cinque anni, è cresciuto del 49%. Spinto anche dall’acquisizione del gruppo polacco Scanmed, primo passo di un’espansione in Europa - il gruppo guarda all’Albania e alla Romania - parallela alle operazioni in Medio Oriente, come i due ospedali gestiti in Iraq e l’approccio con la Siria post-Assad del vicepresidente Ghribi che guida la strategia di esportazione di know-how sanitario “anche come strumento di soft power per l’Italia”.
Intanto, continua Paolo Rotelli, il riassetto societario e della governance configura il GSD come “multinazionale della salute” pronta a far shopping di ricercatori da Harvard (“Grazie a Trump che ha tolto i finanziamenti e ai nostri governi, questo e il precedente, che hanno limitato le tasse per chi rientra”), con 5,8 milioni di pazienti e 161 strutture di cui 58 in Italia dove “cresciamo a fatica del 3% l’anno ma abbiamo grandi prospettive di poter lavorare con le assicurazioni”. Che spuntano anche all’orizzonte, dove non c’è solo l’idea di quotarsi in Borsa ma di dar vita a “un connubio europeo”, per il quale “c’è ancora tantissimo spazio”, con “una realtà complementare, come un’assicurazione o un’health tech”.