
Medici ospedalieri: carichi di lavoro sempre più pesanti e stipendi fra i più bassi d’Europa sono i nodi principali da sciogliere
Milano, 19 maggio 2025 – Il grande malato, in Italia e in Lombardia, è oggi il servizio sanitario pubblico, un sistema praticamente unico al mondo per la vocazione universalistica di garantire a tutti le cure migliori, messo alla prova da un combinato micidiale di inverno demografico, col calo delle nascite e una popolazione che invecchia di più ma non molto meglio, di fuga di medici e infermieri da carichi di lavoro sempre più pesanti per stipendi tra i più bassi d’Europa, e pure della crisi di fiducia di pazienti frastornati dal mix di bufale e informazioni incomprensibili ammannito (anche con qualche regìa) dalla Rete che sbattono contro il muro delle liste d’attesa.
E qui sono i dottori a tirar fuori la voce e chiedere una cura per quel paziente particolare che è la sanità lombarda, col suo sistema basato sulla “libertà di scelta” tra il servizio pubblico e operatori privati convenzionati che forniscono il 40%, in valore e non in numero, delle prestazioni ospedaliere in regime di Ssn.
Tempo (quasi) scaduto
“Siamo consapevoli dell’impegno dell’assessore Guido Bertolaso e dalla Direzione generale Welfare, ma non possiamo ignorare criticità profonde, che richiedono scelte coraggiose e non più rimandabili”, chiarisce Stefano Magnone, segretario dell’Anaao Assomed Lombardia: il consiglio regionale del sindacato dei medici ospedalieri ha approvato all’unanimità una sua relazione per “richiamare l’attenzione pubblica e politica su una serie di criticità strutturali che mettono a rischio il futuro e la sostenibilità del Servizio sanitario regionale, patrimonio fondamentale dei cittadini lombardi e italiani e luogo di lavoro per migliaia di professionisti della sanità pubblica”. Sette “temi urgenti”, eccoli.
Riforma della rete ospedaliera
La stabilisce il famoso Dm 70, un decreto ministeriale datato 2015 e profondamente impolitico che fissa ad esempio gli standard per tenere aperto un punto nascita, o una cardiochirurgia, la cui sola ipotesi di chiusura spesso scatena sindaci e revanscismi territoriali. Così dieci anni dopo, osserva l’Anaao lombarda, “la mancata revisione della rete ospedaliera mette in difficoltà numerose aziende sanitarie che fatìcano, e faticheranno sempre più, ad attrarre professionisti e garantire volumi di attività adeguati per la sicurezza dei pazienti”.
Crisi della sanità territoriale
Il piede d’argilla da sempre dell’eccellenza lombarda è oggi un problema in tutto il Paese. “Paghiamo vent’anni di mancata programmazione”, osserva Magnone. Il risultato: “L’ospedale è l’unico punto di riferimento reale per i cittadini, con le ripercussioni in carichi di lavoro, sicurezza e qualità delle cure”.
Università in reparto
Qui il sindacato degli ospedalieri spezza una lancia a sostegno della richiesta dell’assessore Bertolaso ai rettori perché anche la Regione abbia voce in capitolo nella scelta dei primari degli ospedali “universitari” che sono Asst e Irccs del servizio sanitario regionale.
“La necessità di rivedere il protocollo Regione-Università conferma una criticità storica - osservano i medici – : l’eccessiva invadenza accademica nella gestione delle apicalità ospedaliere che spesso esclude i professionisti più competenti, generando frustrazione e fughe dal sistema pubblico”.
Privato fuori controllo
Altra nota dolente, che anche nelle ultime settimane ha visto momenti di tensione con Bertolaso a chiedere ai privati convenzionati d’incrementare le visite in regime di Ssn, regine delle liste d’attesa, di cui hanno ridotto il numero rispetto al pre-pandemia convogliando il budget loro assegnato dal pubblico su prestazioni meglio pagate, e aumentando le visite a totale carico dei cittadini, costretti ad andare a pagamento proprio dalle attese.
Stiamo parlando sempre di quel misero 10% del budget ambulatoriale (si scende al 6% per i ricoveri) per cui Regione indica ai suoi fornitori accreditati quali prestazioni effettivamente erogare a sue spese. “Serve una governance reale del privato convenzionato, che oggi sembra rispondere più alla logica del profitto che a quella della salute pubblica – attaccano dall’Anaao –. Non possiamo permettere che l’offerta venga lasciata in balìa delle lamentele dei grandi player solo perché alcune prestazioni sono meno remunerative”.
Lo stop ai gettonisti
I medici ospedalieri ne hanno, però, anche per l’assessore, che ha voluto che la Lombardia fosse sinora l’unica Regione a rispettare i decreti del ministero della Salute col bando ai procuratori di gettonisti.
Non contestano lo stop, ma sollevano perplessità su alcune delle soluzioni elaborate in Lombardia per rimpiazzare le cooperative: le convenzioni di mutuo soccorso tra ospedali pubblici, che si “prestano” medici per turni straordinari.
“Nate per superare un abuso, hanno prodotto però nuove distorsioni - denuncia il sindacato –: colleghi che accumulano turni ordinari e a pagamento, senza il rispetto delle norme su riposo e sicurezza”. Come i vecchi gettonisti. “Non possiamo accettare che un gettone venga prima della salute dei pazienti e del medico”, chiarisce Anaao.
Relazioni sindacali indebolite
Il sindacato alza pubblicamente il velo su un altro problema, spesso conseguenza dell’ingerenza, mai davvero smantellata né in Lombardia né altrove, della politica nelle nomine dei direttori delle aziende sanitarie e degli Irccs pubblici, che in alcuni casi ha neutralizzato persino i richiami dell’authority regionale Orac: “In troppe realtà aziendali le direzioni strategiche parlano di benessere organizzativo ma agiscono secondo logiche clientelari”, attacca Magnone, e aggiunge: “La credibilità si misura nei fatti, non nei proclami”.
Conflitto Stato-Regioni
“Lo scontro istituzionale sulle liste d’attesa è la punta dell’iceberg - avverte il segretario regionale di Anaao Assomed –. Serve una revisione profonda del servizio sanitario nazionale, per evitare che ricadano sempre sui professionisti responsabilità che nascono altrove. Il nostro lavoro è sempre più gravoso e il sistema sanitario rischia un’implosione silenziosa – conclude Magnone –. Non è più tempo di retorica: servono scelte politiche concrete e lungimiranti”.
E in Lombardia lancia un appello a “tutte le forze politiche in Consiglio regionale, maggioranza e opposizione, a superare la sterile contrapposizione e sedersi insieme per salvare davvero il servizio sanitario regionale. Prima che sia troppo tardi”.