
Una scena in «Works and Days», da stasera a venerdì sul palco dello Strehler In co-produzione con Les Théâtres de la Ville de Luxembourg
Less is more. Neanche parlassimo di una sedia Bauhaus. La semplicità (l’essenziale) come via privilegiata verso il senso. E la bellezza. Che in questo caso significa soprattutto non farsi prendere la mano da un eccesso di effetti speciali. Per riportare il processo creativo a più tradizionali dinamiche di gruppo. Indagando il dialogo fra uomo e natura. O quel che ne rimane. Sempre suggestive le ispirazioni di FC Bergman, collettivo fiammingo, Leone d’Argento alla Biennale Teatro 2023. In loro si nasconde una sfumatura di follia. Se si pensa che tre anni fa portarono al Piccolo un intero gregge di pecore per "The Sheep Song", all’interno del Festival Presente Indicativo. Spettacolo accolto all’epoca con raro entusiasmo. E ora sempre al Piccolo tornano per lavorare la terra. Con tanto di aratro. Letteralmente. Come si può vedere in "Works and Days", da stasera a venerdì sul palco dello Strehler. Una prima italiana assoluta. In coproduzione con Les Théâtres de la Ville de Luxembourg. Tre sole repliche.
Ma da segnarsi in agenda. Per un progetto che nasce intorno a "Le opere e i giorni" di Esiodo. Poesia applicata all’agricoltura. Orizzonti liceali. Niente animali comunque. Forse solo una gallina, poca roba. "Il progetto è un autentico inno all’inarrestabile potere del gruppo e alla sconfinata potenza della natura – sottolineano gli FC Bergman –. Al di là del titolo, Esiodo è un’ispirazione lontana, anche perché come al solito in scena facciamo a meno del testo. Ma il libro, risalente al 700 a.C., è stato comunque il nostro punto di partenza. Può essere considerato il primo almanacco agricolo della storia. Esiodo dà consigli al fratello su come coltivare la terra, in quale fase lunare, e così via. L’idea di fondo è: vivi secondo il ritmo delle stagioni".
Ecco allora la semina, gli animali, i frutti che si fanno attendere, la furia degli elementi, i corpi e le piante: Stef Aerts, Joé Agemans, Thomas Verstraeten e Marie Vinck portano in scena l’impensabile. O almeno la sua rappresentazione. Potentissima drammaturgia fisica dalle parti del teatro danza. A comporre frammenti di vita che ti aspetteresti in mezzo a un campo. O in un cascinale. Un’invocazione alla Madre Terra che risuona come un monito al tempo presente. Non senza un retrogusto ironico.
Mentre emergono tableaux vivants di grande forza plastica. Evocativi. Che accompagnano per mano nelle suggestioni di una favola moderna. Dalle sfumature apocalittiche.